A volte si tratta di un unico episodio del passato che continua a tormentare: «Non mi perdono per aver interrotto quella gravidanza», «Se fossi stato più attento non avrei causato quell’incidente», «Se l’avessi portata dal medico ora forse mia madre sarebbe viva». Altre volte sono azioni quotidiane meno drammatiche per cui tuttavia ci sentiamo in torto: «Dovrei passare più tempo coi miei genitori anziani», «Mando mio figlio al nido ma so che dovrei seguirlo io», «Se non metto gli altri al primo posto non sto bene io», «Non la amo più ma non posso lasciarla, le farei troppo male». Il senso di colpa è il sentimento spiacevole legato al pensiero di aver danneggiato o di poter danneggiare qualcuno e si accompagna a tristezza, vergogna, rabbia, disperazione. Di per sé è sano ed è un fattore evolutivo se diventa senso di responsabilità, utile a mantenere buoni rapporti con gli altri, a riflettere sui propri comportamenti e cercare di riparare agli errori in modo costruttivo. Può diventare però patologico quando blocca la persona impedendole di andare avanti o di realizzare i propri progetti personali, o quando la induce a punirsi privandosi di gioie e successi.
Il senso di colpa può estendersi in ogni direzione ed essere palesemente immotivato. Ci sono persone che si sentono in colpa per tutto e quasi chiedono scusa di esistere. In psicoterapia si tocca con mano quanto il senso di colpa possa essere radicato e resistente a ogni tentativo di smussarlo. Perché alcune persone ne restano prigioniere a dispetto di ogni argomentazione contraria?
Sentirsi in colpa paradossalmente può dare sollievo perchè costituisce un’espiazione per il dolore procurato; può essere un modo per avere la compassione e il perdono dagli altri; può suscitare simpatia e protezione negli altri facendo apparire come una vittima perennemente addolorata.
Bloccarsi nel senso di colpa evita la fatica di darsi da fare per maturare, riparare l’errore, migliorarsi in modo attivo e costruttivo, con la consapevolezza che il passato non si può modificare. Il senso di colpa patologico invece fa dire «è inutile, ho sbagliato tutto nella vita, è troppo tardi», impedendo a priori ogni azione riparativa.
Chi si sente in colpa per tutto spesso desidera dare una buona immagine di sé, di persona sempre disponibile e generosa, pronta ad aiutare gli altri. Dire di no a richieste e aspettative altrui fa sentire in colpa al pensiero di suscitare frustrazione e sofferenza nell’altro, ma soprattutto ciò che si teme è perdere l’approvazione e l’amore dell’altro. Abbandonare i sensi di colpa significa anche lasciar andare questa immagine idealizzata di sé, imparare a tollerare il disappunto e la delusione degli altri, guadagnandone relazioni più autentiche e dirette.
Per sciogliere i sensi di colpa patologici è necessario anche accettare che dietro l’apparente umiltà e bontà di chi chiede sempre scusa per tutto o si mette sempre al servizio degli altri possono nascondersi sentimenti più scomodi e meno nobili ma certamente umani: l’onnipotenza narcisistica del sentirsi al centro di tutto, per cui ogni cosa diventa «colpa mia», oppure l’ostilità e la rabbia che per compensazione portano al comportamento opposto, inducendo a dedicarsi eccessivamente agli altri. Non tutto dipende da noi, non è nostra responsabilità occuparci della felicità degli altri o soddisfare sempre le loro aspettative, evitando loro il confronto con la frustrazione e il dolore che è anche occasione di crescita. Prendersi il carico della felicità altrui dà una illusione di controllo ma richiede di rinunciare a parti di sé, espone all’insoddisfazione e al risentimento.
Liberarsi del senso di colpa patologicosignifica accettarsi e perdonarsi come essere umani che compiono continuamente errori e accogliere la parte di sé che cerca di esprimersi, di dire la sua, di realizzarsi, di rivendicare i propri diritti e bisogni, senza temere che questo significhi essere egoisti e cattivi.
Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Dal Sito: centropagina.it
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