Visualizzazione post con etichetta Guarigione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Guarigione. Mostra tutti i post

venerdì 26 luglio 2019

Quando guarire fa...paura!


A volte chi soffre di depressione può inconsapevolmente sabotare il proprio percorso di guarigione: scopriamo perché accade e come evitarlo

Non basta curarsi, bisogna farlo bene: un principio valido per tutte le malattie e i sintomi a cui un essere umano può andare incontro, lo è ancor di più per la depressione,  che colpisce la volontà di fare, il legame con un senso forte della realtà. Chi ne soffre è spesso difficile da curare,  perché mette in campo comportamenti contrari alla terapia che si sta seguendo. La persona in depressione, in diversi casi, mette in atto senza accorgersene veri e propri boicottaggi del processo di guarigione, come se una parte di lei pensasse che non sia possibile farcela.In altri casi vuole davvero tirarsi fuori ma a un certo punto, mentre i sintomi della depressione stanno migliorando, molla tutto pensando che ormai ne è uscita, oppure cerca nuovi tipi di cura, magri senza tener conto del parere dello specialista che la sta seguendo.

Così non ce la fai

In tutti questi casi il percorso verso la ripresa e il superamento della depressione viene fortemente ostacolato. Individuare questi automatismi è fondamentale per evitare di metterli in atto e aprire così la strada a una guarigione che nella maggior parte dei casi è molto più a portata di mano di quanto non si creda. Va ricordato che questo discorso non vale solo per le psicoterapie (con o senza supporto psicofarmacologico), ma per tutti i tipi di cura, quindi anche le tecniche corporee, gli approcci filosofico/esistenziali, le medicine alternative e naturali.           

Quando la cura è a rischio…

- Si sospende o dirada la cura non appena si comincia a stare meglio

- Si continua a cambiare cura, andando per tentativi

- Si svilisce la figura del terapeuta con critiche e sospetti immotivati

- Ci si intestardisce su un tipo di cura che visibilmente non funziona

- Si continua a confrontare la propria terapia con quella di altri

…e perchè

- Paura di dover tornare a fare la vita di prima della crisi

- Voler restare al centro dell’attenzione attraverso la depressione

- Difficoltà ad affidarsi al sapere altrui, arroganza intellettuale

- Paura dei cambiamenti, di scoprire nuovi modi di essere


Cosa fare

- Curati fino in fondo

Compito di una cura non è di far stare meglio, ma bene. Non mollarla al primo miglioramento: la possibilità di tornare indietro nel malessere è ancora alta. Ogni progresso va realmente acquisito. Prosegui perciò fino a quando il benessere non è diventato costante. Non continuare a dire: “Voglio farcela da solo”. Ciò accadrà al momento giusto.

- Non andare per tentativi

Non “provare” un po’ di una terapia e un po’ di un’altra, assaggiando tutto. Per la tua depressione ci sono cure più adatte di altre e funzioneranno solo se ti affiderai e ti dedicherai ad esse in modo completo, senza essere subito pronto a giudicare inadeguato un approccio che invece potrebbe funzionare.

- Accetta alti e bassi

La guarigione da una depressione non segue un andamento lineare: ci sono momenti buoni e altri ancora di malessere. Non identificare questi ultimi con delle ricadute: sono eventi fisiologici. Parlane con la persona che ti segue per comprendere la natura di queste fasi meno brillanti della terapia e viverle meglio.


Dal sito: riza.it

giovedì 5 marzo 2015

Ansia, un nemico che può essere sconfitto

Nella quotidianità si può provare ansia, per esempio in vista di un esame o di un compito importante che richiede attenzione e concentrazione. Questa forma d’ansia può essere di tipo adattivo, cioè svolgere la funzione di mettere in guardia l’individuo rispetto a una situazione pericolosa, attivandolo a reagire in modo da evitare il pericolo.
Se l’ansia è eccessiva, difficile da gestire e costante nel tempo, la normale preoccupazione dell’individuo può diventare disturbo.
In questo caso l’ansia causa uno stress significativo che interferisce con le attività lavorative e sociali. La qualità della vita delle persone con il disturbo d’ansia è compromessa dalla costante preoccupazione rispetto al futuro, per le circostanze della vita o per la possibilità che succeda qualcosa di male a propri cari e per vari altri aspetti della vita.
L’ansia, come la maggior parte dei sintomi psichici, è determinata da varie tematiche e spesso può essere collegata dalla persona a una paura specifica cosciente, più tollerabile della paura inconscia. Altre persone invece, possono non avere idea di ciò che li rende ansiosi.
Episodi di ansia acuta possono scaturire attacchi di panico che generalmente durano solo alcuni minuti, ma causano una profonda angoscia nell’individuo.
La sensazione di soffocamento, le vertigini, la sudorazione, il tremore e la tachicardia che compaiono all’improvviso, sono i sintomi fisiologici dell’attacco di panico e le persone che ne soffrono spesso hanno la sensazione di morire.
La possibile perdita di controllo delle proprie idee e delle proprie azioni può lasciare nella persona una paura di fondo che se non risolta causa seri problemi nella vita quotidiana.
Data la ricorrenza degli episodi di panico, la persona può sviluppare una forma di ansia anticipatoria, inizialmente a livello inconscio in risposta a una situazione temuta, poi gradualmente a livello consapevole e riconosciuta nella preoccupazione costante di quando avverrà l’attacco successivo.
L’individuo inizialmente può evitare per esempio di andare al supermercato, prendere l’ascensore o guidare, in seguito le limitazioni possono diffondersi in molti altri contesti.
Molte persone vivono la paura di essere in una situazione in cui la fuga può essere difficile.
Questo timore può instaurare nell’individuo dei comportamenti di evitamento di tutte quellesituazioni che potrebbero essere fonti di disagio, diventando un forte limite nella sfera sociale, affettiva e dell’autonomia.
Il senso di demoralizzazione può essere centrale nell’individuo che non vede via d’uscita dal disturbo e la paura di dover affrontare da solo un altro attacco di panico può ridurre drasticamente l’autonomia della persona che tenderà a ricercare costantemente la presenza di parenti e amici che lo aiutino a sentirsi più sicuro.
L’ansia è segnale di pericolo proveniente dall’inconscio e originato da un conflitto interno, per questo una maggiore conoscenza e padronanza di se stessi può permettere di affrontare certe preoccupazioni in modo più solido.Tale obiettivo è raggiungibile attraverso la psicoterapia che in alcuni casi può essere associata a una terapia farmacologica.
Elisabetta Zamparini
elisabetta.zamparini@gmail.com

Viterbo News24

mercoledì 11 febbraio 2015

Giovanni ha sconfitto il male “invisibile”

“La gente non capisce, un po’ come se quello che succede nell'anima fosse sempre meno importante di ciò che accade nel corpo”. Il problema è che il corpo non è fatto a compartimenti stagni. Giovanni ne è la prova. E' stato in balìa delle somatizzazioni per tanti anni della sua vita. “Quando racconto questa storia tutti si aspettano che abbia avuto chissà quale passato per arrivare a soffrire tanto, ma non è così”. Giovanni non ha una backstory di chissà quali episodi, si definisce il risultato particolare di una famiglia normale, di relazioni sociali normali, di un passato normale. E’ un giorno come un altro quando mentre cammina per andare all’Università, si blocca improvvisamente: “Non riuscivo più a proseguire. Ho guardato indietro, non riuscivo neanche più a tornare indietro”. Descrive una serie di percezioni ovattate, le voci delle persone, che gli chiedevano come stesse, lontane, volti sfumati.
Il cuore che batte forte, la sensazione dello svenimento. Questi episodi hanno accompagnato la vita di Giovanni per anni. “Quando non svenivo, vomitavo, avevo nausea. Stavo proprio male fisicamente. Non so neanche io quanti esami mi sono stati fatti, ho una cartella clinica da far invidia a mio nonno”. Un paio di anni di analisi, ricoveri, visite e il pensiero costante di avere qualcosa di gravissimo che non veniva capito, la rabbia verso i medici che non sapevano dirgli cosa avesse perché la frase dopo ogni esame era sempre la stessa “non c'è nulla”. “Poi un giorno, un medico una diagnosi me l’ha fatta, attacchi di panico’. Mi ci sono voluti altri due anni per convincermi che aveva ragione. Avevo sintomi fisici”. E poi c’è un'altra ragione: “Sembra assurdo, ma le persone certe malattie le capiscono meglio”. Perché nel sentire comune c’è l’idea che alcune malattie psicologiche, e psicosomatiche dipendano sempre da una volontà personale.Non è così. “Non voglio dare agli attacchi di panico tanto potere da dire che hanno rovinato la mia vita, certo però che ne hanno condizionato buona parte. Le mie relazioni sociali, l’Università , lo sport. Alla fine quando ho fatto pace con l’idea che non avevo nulla di fisico, mi sono messo a sedere davanti ad uno psicologo e ho poco a poco ripreso una vita normale. Vorrei dire che è stato facile, vorrei raccontare che da un giorno all’altro si è tutto risolto, ma non è stato così”. La paura di sentirsi male per Giovanni è stata spesso peggio del sentirsi male stesso. Oggi può dire che ce l'ha fatta: “La psicoterapia mi ha aiutato non solo a uscire dagli attacchi di panico, ma a capire perché capitavano e a rivedere le relazioni che avevo col mondo, quali errori commettevo”. Giovanni oggi ha una compagna, è riuscito a laurearsi con un po’ di ritardo e ha tanti progetti. Un po’ come una vita che è ricominciata, come se quella sensazione di intorpidimento della paura lo avesse fatto vivere per anni in un mondo ovattato, dove tutto era lontano e sfumato:suoni, voci, colori, come se la vita stesse scorrendo mentre lui restava immobile. “Oggi la vita scorre anche per me. Come se dopo essere stato tanti anni in stand by, adesso qualcuno avesse premuto il tasto pla”." E quel qualcuno è stato proprio lui.

Corriere di Arezzo 

venerdì 22 aprile 2011

Sorrido perchè son guarita

Tutto iniziò 14 anni fa! Tranquilli non impallidete!!! Non racconterò tutta la mia guerra punica! ;-) Avevo 20 anni e frequentavo il secondo anno di psicologia ed ero serena, felice, entusiasta della mia nuova vita universitaria e della mia prima indipendenza lontana da casa! Un giorno, mentre stavo guidando, iniziai ad avere degli strani sintomi: mancanza d'ria(fame d'aria, tachicardia e più me preoccupavo più i battiti aumentavano, tremore alle gambe, la vista che si abbassava e senso di svenimento).
Mi fermai e subito chiamai mia madre in preda al PANICO!! Scattò così la seconda fase, giro per tutti i medici: cuore ok, pressione ok, vista ok! Ma allora, cosa stava succedendo???? In quei giorni iniziai ad avere uno stato d'ansia perpetuo generalizzato e mi ricordai di alcuni libri di testo per un esame che avrei dovuto preparare dopo poco. P.s= all'epoca i medici per ogni sintomo non ben definito non davano automaticamente come diagnosi: " lei signorina forse è un pò ansiosa"- Quindi iniziai a sfogliare quel libro fino ad imbattermi sulla parte inerente agli stati d'ansia generalizzati e agli attacchi di panico! Fu lì che per la prima volta sono stata in grado di dare un nome a quello che stavo vivendo: ero semplicemente DIVENTATA una "appanicata".
Alla lettura di tutti quei sintomi possibili, iniziai a sbiancare e iniziai a pensare:" Oddiooo e se adesso mi vengono anche questi??? e questo??? e quest'altro???"- Tuttavia però, nella mia adolescenza prolungata avevo ancora quella buona quantità di spensieratezza che mi permetteva di sorridere alla vita e di continuare ad essere Daniela, quella che sorride, ride, scherza, esce, fa, prendere la macchina, rientra, riparte. Ma poi eccolo di nuovo, dal nulla, nel momento più sereno, con gente a me cara, eccolo che con tutta la sua forza si ripresenta e per la prima volta chiesi di essere riportata subito a casa. Sapevo oramai chi era ma non sapevo come dovevo affrontarlo. Ok, ora mi direte, stavi studiando psicologia, quindi sarai andata da uno psicologo!- E invece no!!!!!!! Mi dissi che non avrei mai raccontato i cavolii miei ad uno sconosciuto, e che in fondo nulla di eclatante era mai successo nella mia vita, se non nell'essere  figlia unica con padre ansiogeno e una persona tremendamente empatica e sensibile con un primo amore che l'aveva abbandonata? Ma quanti figli unici ci sono al mondo? Quanti padri iperprotettivi esistono? Quanti amori svaniscono??
L'ansia oramai stava diventando mia compagna, ma era una compagnia che mi toglieva il respiro e che più avanzava e più mi stava rubando la cosa a me più cara: la mia indipendenza!
Per farvela breve: iniziai a pensare che una come me non avrebbe mai potuto fare la psicologa e così cambiai facoltà e mi iscrissi a Lingue e letterature straniere. Fu una scelta difficile che non fece altro che farmi sentire una fallita! Mi ero resa però conto che non credevo nella psicologia, la reputavo cmq troppo ancora legata alla filosofia e convinta cmq sempre del fatto che mente e corpo non possono essere divisi, alla fine mi resi conto di aver fatto bene ad interrompere perchè cmq non avrebbe avuto senso studiare un qualche cosa nel quale non si crede. Passarono anni, avevo mesi interi in cui stavo divinamente e magari qualche giorno con un pò di ansia, e poi nuovamente in formissima! Fino a quando, iniziai a stare davvero male, ad avere attacchi di panico continui e per tutti i giorni e così iniziai anche ad evitare ristoranti, locali, il semplice supermercato, il cinema..solo in casa mi sentivo protetta! Inizia anche a sentirmi profondamente depressa e iniziai a prendere i fiori di Bach, tisane rilassanti, andai da un medico che diceva di fare dei massaggi che permettevano di rilassare il corpo e quindi di attenuare l'ansia, ma niente di niente!!!! Presa dallo sconforto più totale e sempre convinta del fatto che la psicologia da sola non avrebbe potuto aiutarmi, andai da uno psichiatra. Feci della terapia cognitivo-comportamentale e delle lunghe chiacchierate che avrei potuto fare cmq anche con un amico, e in più mi diede un antidepressivo. Lasciai quelle gocce sul mio comodino per un mese. E come prenderle? Per interi due anni avevo frequentato persone e docenti contro farmaci di questo tipo! poi alla fine decisi di iniziare a prenderle. Il primo mese stetti malissimo ma poi piano piano quell'ansia continua inizio a sparire e le mie piccole battaglie quotidiane avevano sempre pi successo. Ogni giorno prendevo la macchina per qualche minuto in più, vedevo che non succedeva niente e mi sentivo fiera di me stessa e sempre più forte, e il giorno dopo riuscivo anche ad affrontare altre situazioni che da troppo tempo evitavo! Per troppo, troppo tempo avevo dimenticato il piacere della vita, la bellezza della vita e ora che la stavo riassaporando mi sentivo rinascere e ogni giorno sempre più in alto! Da 2 anni finalmente sono io, con i miei timori, la mia sensibilità e la mia indipendenza...e tra qualche giorno prenderò un aereo per volare al caldo!!!! Questa storia per dirvi solamente, che dal dap si guarisce e che si può tornare a sorridere!!!!!!!
Daniela