lunedì 1 dicembre 2014

Chi ha paura del dentista?

COS’E’ L’ODONTOFOBIA E COME SI COMBATTE

L’appuntamento con il dentista rappresenta per la maggior parte dei pazienti un momento non troppo piacevole. 6 persone su 10 infatti ammettono di provare una sensazione di paura o timore pensando ad una seduta dal dentista, senza che però tale “sgradevole sensazione” impedisca loro di sottoporsi ai periodici controlli o alle terapie odontoiatriche.
Non è così per i pazienti affetti da odontofobia, ovvero la drammatizzazione fobica della paura del dentista riconosciuta e certificata come vera e propria malattia dall’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), che stima intorno al 15-20% della popolazione il numero delle persone con questo disturbo.
In questo caso il soggetto fobico nutre un irrazionale terrore nei confronti del dentista e di tutto ciò che richiama lo studio dentistico (rumore del trapano, odore del disinfettante, vista dell’ago) e, seppur consapevole dell’irrazionalità della sua paura, non può sottrarsi ad essa, al punto tale di arrivare a provare veri e propri sintomi fisici come tachicardia, palpitazioni,sudorazione, senso di svenimento, iperventilazione, nausea, disturbi del sonno nella notte che precede la visita e attacchi di panico.
Questa profonda paura fa si che il paziente odontofobico rimandi ad oltranza gli appuntamenti col dentista e che assuma frequentemente antidolorifici, antibiotici e altri farmaci allo scopo di automedicarsi. Questo comportamento di “evitamento” ingigantisce la fobia in quanto contribuisce a rafforzare l’idea che per la persona sia davvero impossibile superare il problema, inoltre l’automedicazione per lunghi periodi porta al peggioramento della situazione di salute del soggetto fino ad obbligarlo a rivolgersi al dentista quando la patologia dentale in atto è ormai così avanzata da richiedere interventi più pesanti quali estrazioni o lunghe sedute di cure. Si instaura così un circolo vizioso che sembra impossibile da interrompere, ma è davvero così?
Qui di seguito riportiamo 10 consigli utili per gestire la paura e l’ansia del dentista.
  • INFORMATI: Tutto ciò che si conosce fa molto meno paura. Cercando su giornali e internet informazioni riguardanti le terapie dal dentista scoprirai che oggi tali procedure sono praticamente indolori e molto meno fastidiose che una volta.
  • CERCA UN DENTISTA DI FIDUCIA: Avere un buon feeling con la persona che dovrà curarti è molto importante. Cerca un professionista che sia in grado di entrare in empatia con te e non esitare a confidargli le tue paure e i tuoi dubbi. Chiedigli inoltre di spiegarti in modo dettagliato tutte le fasi della terapia.
  • UN PASSO ALLA VOLTA: non devi fare tutto subito. Prenota un primo appuntamento dal dentista solo per una visita di controllo, questa semplice procedura ti permetterà di prendere confidenza con l’ambiente gradualmente. In seguito prenota una seduta terapeutica poco impegnativa come la pulizia dei denti, un paio di esperienze positive a basso stress ti aiuteranno ad aumentare la fiducia in te stesso. Successivamente concorda con lo staff dello studio dentistico un calendario dettagliato degli appuntamenti a cadenza periodica ed impegnati a rispettarlo.
  • PENSA POSITIVO: prima di ogni appuntamento, quando l’ansia inizia a farsi sentire, concentrati su un pensiero positivo, per esempio che quando le terapie saranno finite avrai un sorriso bello e sano, ma sopratutto che avrai provato a te stesso che sei una persona forte e determinata.
  • ARRIVA PER TEMPO AGLI APPUNTAMENTI: in questo modo non sarai “catapultato” direttamente sulla poltrona operativa. In sala d’attesa cerca di distrarti sfogliando una rivista interessante o porta con te un libro divertente da leggere durante l’attesa.
  • FATTI ACCOMPAGNARE AGLI APPUNTAMENTI: Chiedi ad un amico o ad un familiare non odontofobico di accompagnarti alle sedute. Avere accanto una persona che non prova disagio nei confronti delle terapie dal dentista servirà a infonderti serenità.
  • RESPIRA PROFONDAMENTE E RILASSATI: durante le terapie cerca di rilassarti e respira lentamente e profondamente, concentrarti sulla respirazione servirà ad evitare attacchi di panico. Inoltre per scaricare la tensione puoi giocare con una pallina “anti-stress” oppure ascoltare la tua musica preferita con gli auricolari in modo da non sentir il rumore del trapano o dell’aspiratore.
  • RICORDA DI PREMIARTI : dopo ogni appuntamento dal dentista concediti un piccolo sfizio per premiarti per il fatto di aver vinto le tue paure.
E se tutto questo non basta…
  • RIVOLGITI AD UNO PSICOTERAPEUTA: se la tua paura è tale da non permetterti nemmeno di avvicinarti allo studio del dentista potresti aver bisogno dell’aiuto di uno specialista. Le fobie infatti possono essere vinte grazie a tecniche psicoterapeutiche. Chiedi consiglio al tuo dentista di fiducia, spesso uno psicologo è presente nel team dello studio dentistico proprio per affiancare gli altri specialisti nella cura dei pazienti che soffrono di fobie o di disturbi ansiosi.
  • VALUTA LA SEDAZIONE: la sedazione è un’opzione che potrebbe aiutati a sottoporti agli interventi più importanti. Il dentista può prescriverti farmaci ansiolitici da assumere per bocca circa un’ora prima della seduta operativa oppure, potrebbe concordare con te di eseguire le cure in sedazione endovenosa. In quest’ultimo caso le terapie verranno eseguite in presenza di un anestesista.
E SE IL PAZIENTE E’ MIO FIGLIO?
Consigli e strategie per i genitori per prevenire l’odontofobia nei bambini
  1. SI AI CONTROLLI PERIODICI: dal momento in cui finisce la prima dentizione (all’età di 2,5/ 3 anni) è importante effettuare controlli periodici dal dentista. In questo modo infatti il bambino si abituerà a vivere quest’esperienza come qualcosa di normale e routinario e prenderà confidenza con l’ambiente dello studio dentistico. Inoltre eventuali carie o problemi di dentizione potranno essere diagnosticati precocemente.
  2. SCEGLI UN PROFESSIONISTA CHE SI OCCUPI DI ODONTOIATRIA INFANTILE (PEDODONZIA): i bambini, specie se piccoli, hanno maggior necessità di essere ascoltati e rassicurati ed è quindi importante che l’odontoiatra curante abbia, oltre che una formazione specifica, una predisposizione empatica verso di loro. Anche l’ambiente ha la sua importanza: sale d’attesa ed operative colorate e con spazi gioco dedicati a loro li aiuteranno a vivere la visita dal dentista come una esperienza piacevole.
  3. ATTENZIONE ALLA COMUNICAZIONE: il bambino che si reca per la prima volta dal dentista non ha un vissuto circa questa esperienza, il genitore quindi dovrà evitare di associare all’appuntamento con il dentista situazioni connesse a dolore, sofferenza o preoccupazione. Inoltre bisognerà evitare di “utilizzare” la figura del dentista come una minaccia di fronte ad un capriccio o ad una disubbidienza del bambino  (“se non fai il bravo ti porto dal dentista che ti fa la puntura.., ecc”).
paura_dentista

mercoledì 26 novembre 2014

Gli attacchi di panico. Sintomi e possibili cure.

Si calcola che circa il 2% delle persone soffra di attacchi di panico.
Uomini e donne vanno improvvisamente in tilt, scoprendosi spaventati, terrorizzati, angosciati, come se una sensazione di morte si stesse impadronendo di loro, senza un motivo oggettivamente comprensibile.
Perchè attacchi? Perchè sono improvvisi, intensi.
E’ come se il corpo e la mente non si comportassero più normalmente, ma come una bussola impazzita. è un disturbo molto più diffuso di quanto si pensi, anche se difficile da riconoscere e accettare.
Solitamente gli attacchi di panico accadono in momenti particolari della vita, momenti che si potrebbero definire “di passaggio” da una fase della vita all’altra.
L’attacco di panico ha cause molto profonde e antiche, di tipo psicologico­emozionale, delle quali la persona non è pienamente consapevole.
E’ un messaggio che il corpo lancia, per avvisare che c’è qualcosa che non va.
E’ legato spesso a sentimenti ed emozioni inconsce, non ascoltate che si manifestano poi sul piano fisico (disturbi psicosomatici).
All’improvviso situazioni che prima erano “normali” diventano fonte di terrore e monta disagio fisico e psichico con paura di sentirsi male, in situazioni tipiche quali in luoghi chiusi ristorante, cinema, teatro, aula, sala di riunioni, autobus, metropolitana, treno, aereo, alla guida in mezzo al traffico o in autostrada, su ponti, tangenziali, in ascensore.
Alcune persone avvertono l’attacco in luoghi chiusi e caldi, con aria viziata a letto di notte.
In genere dopo alcuni attacchi la persona impara ad evitare le situazioni) dove gli attacchi si sono verificati.. Nell’attacco di panico non c’è un pericolo oggettivo, quindi, esterno alla persona e visibile a tutti.
La sensazione di essere in pericolo è qualcosa che “invade” l’individuo e che proviene dal mondo interno, ossia dalla parte più profonda della coscienza.
I sintomi che si verificano durante l’attacco sono un mix di sintomi fisiologici, psicologici, sensoriali. Ecco i più comuni: difficoltà di respirazione; palpitazioni e tachicardia; dolore al torace;sensazione di soffocamento; vertigini, sensazione di sbandamento e instabilità; nausea, colori addominali; sudorazione; cefalea; vampate di calore alternate a brividi: tremore; rallentamento della nozione del tempo; modificazione del a percezione del a distanza; intorpidimento; sensazione di catastrofe che sta per accadere; sensazione di irrealtà; paura di perdere il controllo o di impazzire; paura di perdere coscienza; paura di provocare disastri; paura di attirare l’attenzione; paura di morire.
Alla crisi acuta, segue un periodo di stanchezza e spossatezza.
La persona sente la testa confusa, fa fatica a camminare e a mantenersi in equilibrio, ha percezioni annebbiate e sfuocate.
Il primo attacco viene ricordato come un momento di svolta. In genere, dopo il primo attacco si verificano altri episodi, sempre improvvisi e occasionali, che aumentano di frequenza e intensità.
L’ansia che possa ripetersi la crisi in situazioni simili a quella del primo episodio, crea reazioni di isolamento, di auto­limitazione . Spesso la persona ha bisogno di qualcuno fidato che l’ accompagni, le stia accanto e non esce o non va in quei luoghi se non accompagnata. Altri escono, vanno in giro seguendo però un percorso obbligato che passa sempre lungo direttrici dove, se dovesse sentirsi male, vicino ci sia un ospedale.
L’attacco di panico dura solitamente da pochi secondi a pochi minuti, fino a un massimo di mezz’ora, un’ora.
Tuttavia, la persona, che perde la percezione del tempo, ha la sensazione che la crisi sia interminabile, si accompagna a una certa angoscia, che crea un circolo vizioso che si autoalimenta e non sembra arrestarsi mai. Stando ad alcuni studi nell’attacco di panico vi sarebbe una forte predisposizione genetica.
Le basi neurologiche, biologiche, chimiche del disturbo sono complesse e note solo in parte, e comunque non sono in grado di spiegare da sole la complessità di questo problema .
Gli attacchi di panico possono essere curati efficacemente, anche se non necessariamente in modo definitivo (è possibile che la crisi si ripresenti).
Essendo un disturbo complesso, oggi si è orientati verso una cura integrata, che veda cioè la collaborazione e l’unione di più tecniche che tengano conto del e diverse variabili in gioco.
Il trattamento integrato prevede un lavoro di squadra, con il coinvolgimento di più specialisti, basato su tre elementi essenziali: ­psicoterapia: si tratta di un percorso in cui la persona si fa aiutare dallo psicoterapeuta a comprendere e modificare emozioni, pensieri e comportamenti disfunzionali per il proprio benessere­farmaci: esistono molti farmaci efficaci per il trattamento del disturbo da attacchi di panico.
Ciò non significa che tutti devono seguire una cura farmacologica.
Se, però, il medico giudica utile l’assunzione di medicinali, fortunatamente esistono molte valide possibilità. Per esempio sono utili gli antidepressivi serotoninergici, che innalzano il livello della serotonina, una sostanza importante per il controllo del panico e della depressione; lavoro di gruppo: i gruppi permettono alle persone soggette a crisi di panico di confrontarsi, di parlare dei propri problemi, di condividere idee e opinioni.
Sono inoltre importanti fare sport in quanto aiuta a sfogarsi, ad allentare stress e tensioni.
La ricerca di hobbies è un modo per accrescere la propria cultura e alimentare relazioni con persone che condividono i nostri interessi, dal’altro può diventare un modo per sfogare le proprie tensioni, per riempirsi di impegni e non occuparsi di sé in modo più complessivo, andare in vacanza, ascoltare musica,leggere , fare lunghe passeggiate.
Bisognerebbe, senza perdere di vista i propri obiettivi e la propria vita trovare il tempo di riposarsi, divertirsi, staccare la spina e ricordarsi che non si può sfuggire a sè stessi.
D.ssa Giovanna Valente
 Gazzetta di Salerno


mercoledì 19 novembre 2014

Come riconoscere, fronteggiare e gestire un attacco di Panico

Gli attacchi di panico possono essere gestiti se si riesce ad accrescere il proprio autocontrollo. Dopo i primi successi, tutto sarà più facile.


 Come riconoscere, fronteggiare e gestire un attacco di Panico, quell’episodio di disagio psicologico che puo fare la sua comparsa all’improvviso, nelle situazioni più svariate, e che mette il soggetto in grave difficoltà. A volte sono provocati da una causa scatenante, anche se uno ne è inconsapevole, altre volte invece sembra non esistere un motivo specifico che possa scatenarlo, in maniera anche particolarmente violenta e traumatica, per cui è necessario imparare fronteggiarli e anche a prevenirli, così da evitare di ritrovarsi in situazioni veramente spiacevoli. Ma in sostanza cosa è un attacco di panico. È una condizione di estremo disagio, quasi sempre anche molto di più, che si presenta all’improvviso, nelle situazioni più svariate, alla guida dell’auto, in metropolitana, nelle ore notturne, al ristorante, dal barbiere, al supermercato, e innesca una sensazione di paura che si nutre, se vogliamo, di se stessa, ovvero è una paura che genera altra paura essenzialmente illogica, basata sul nulla, per cui imparando un poco alla volta ad autocontrollarsi, è possibile anche averne ragione. Liberarsi di questo problema è possibile, anche se ovviamente non è facile, ma come al solito ricorrendo alla forza di volontà, è possibile uscirne. I sintomi più frequenti sono difficoltà di respirazione e tachicardia, sensazione di soffocamento, vertigini, nausea, tremore, confusione e palpitazioni, e quando compaiono, innescano inevitabilmente una reazione incontrollabile, per cui questi sintomi tendono ad amplificarsi con l’aggiunta di una sensazione di paura che a sua volta cresce, ormai fuori controllo. La prima cosa da fare è cercare di sforzarsi di prendere il controllo di se stessi, ovviamente facile a dirsi ma molto meno facile a farsi, almeno le prime volte. La buona notizia è che dopo i primi successi, ovvero quando ci si rende conto che questi attacchi è possibile gestirli, diventeranno meno violenti perché non si amplificheranno più come prima e man mano diventeranno sempre più gestibili, fino a scomparire del tutto.
L’importante è averne ragione la prima volta. Dopo il primo successo, la strada sarà quindi sempre più facile. Solitamente gli attacchi di panico sono legati a situazioni di particolare stress, per cui è possibile in un certo senso prevenirli anche ricorrendo a rimedi naturali per ridurre l’ansia. Vi sono alimenti che aiutano così come può risultare molto efficace l’attività fisica che aiuta a rilassarsi, che fa bene quindi anche alla mente e allo spirito, oltre che al fisico. Quando si presentano, bisogna ripetersi che non si tratta di nulla di particolarmente serio, anzi di una suggestione, e che con un po’ di buona volontà è possibile venirne a capo.
Uno dei primi sintomi, come detto in precedenza, è il respiro corto, accompagnato da brividi e  da sudorazione fredda. La prima cosa da fare e di sedersi, di concentrarsi per normalizzare la respirazione in modo da farla tornare un poco alla volta alla normalità. Se si riesce a fare questo, già si è sulla buona strada e difficilmente l’attacco di panico potrà assumere connotazioni peggiori. A volte si può farsi strada anche la paura di morire, una sensazione del tutto ingiustificata, che però non fa altro che far crescere ancor più il disagio che può addirittura tramutarsi in vero e proprio terrore.
La soluzione a tutte queste sensazioni è dentro di noi. Bisogna imparare a Panicoscovarle, a portarle alla luce, in modo che possano prendere il sopravvento sull’irrazionalità. Bisogna rendersi conto che la paura spesso è, appunto, irrazionale, basata su sensazioni che possono non rispecchiare la realtà. Se di notte può essere un incubo,  di giorno altre situazioni che possono il più delle volte essere gestite con un minimo di razionalità e di consapevolezza della propria forza, dell’essere in buona salute e di non dover temere nulla da ciò che ci circonda. Guardarsi dentro è fondamentale per riuscire a trovare la forza per risolvere un poco alla volta il problema. 
Tutta Salute.net 

lunedì 17 novembre 2014

"Sonia soffre di agorafobia. Passa le sue giornate in casa, leggendo e guardando la TV. Ha sempre il pensiero di uscire, rimandando al domani la decisione.
Un giorno decide di provarci"

Un corto che merita di essere visto.
"L'ombra del domani" - Agorafobia- Agoraphobia
Per gentile concessione del regista Alessandro Romeo 







domenica 16 novembre 2014

Agorafobia, attacchi di panico e vertigini? Il soggetto ansioso è più vulnerabile

Agorafobia, attacchi di panico e vertigini? Il soggetto ansioso è più vulnerabile, e per la prima volta questa vulnerabilità è scientificamente accertabile e misurabile. Lo rivela il primo studio di risonanza magnetica funzionale mirante proprio a verificare come il normale funzionamento del sistema vestibolare possa essere influenzato da fattori di personalità legati all’ansia. Appena stato pubblicato su Journal of Psychosomatic Research lo studio è stato condotto dalla Dr.ssa Iole Indovina della Fondazione Santa Lucia (Laboratorio di Fisiologia Neuromotoria) eUniversità di Tor Vergata, in collaborazione con l’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare del CNR di Catanzaro e la Mayo Clinic di Rochester.
Un problema di notevole rilevanza medico-sociale è rappresentato dall’agorafobia, contraddistinta da stati d’ansia sino a veri e propri attacchi di panico in situazioni in cui un ambiente aperto e/o affollato viene percepito come “pericoloso”. Si accompagna a sintomi vestibolari quali l’instabilità e il disorientamento spaziale. 
I soggetti agorafobici non riescono ad utilizzare correttamente i segnali vestibolari e dipendono maggiormente dai segnali visivi per l’orientamento spaziale. Quando la scena visiva offre pochi indizi utili per l’orientamento spaziale (come negli ampi spazi aperti) oppure indizi sovraccarichi e confusi (come negli ambienti affollati), i soggetti agorafobici diventano disorientati e ansiosi.
La letteratura medica ha riportato miriadi di descrizioni di pazienti con tali sintomi e vari gradi di ansia o comportamento fobico in assenza di una causa organica rilevabile mediante i test vestibolari di routine. In questo lavoro Indovina e collaboratori hanno cercato per la prima volta un legame neurofisiologico tra attività vestibolare e ansia che potesse spiegare la vulnerabilità all’insorgenza di sintomi vestibolari in soggetti ansiosi, a prescindere dal manifestarsi della malattia. Lo studio è stato svolto su individui i cui tratti di personalità sono stati correlati con il segnale di risonanza magnetica funzionale in risposta a stimolazioni vestibolari. E’ risultato che i livelli di nevrosi hanno un effetto sull’attivazione di regioni chiave del sistema vestibolare (nuclei cerebellari del fastigio) e dell’ansia (amigdala). Ciò dimostra che la risposta alla stimolazione vestibolare è modulata dai tratti ansiosi personali, mostrando l’esistenza di una predisposizione dei soggetti ansiosi a sviluppare sintomi vestibolari.
Online News

giovedì 13 novembre 2014

Attacco di panico: che cosa è e come trattarlo

  Definizione clinica e psicoterapeutica dell' attacco di panico, sintomatologia e trattamento
 
Dura un arco di tempo brevissimo, ma causa alla persona dispnea, vertigini, sudorazione, tremore e tachicardia; oltre a questi sintomi, vi è una sensazione di morte imminente.
La persona con attacchi di panico soffre anche di agorafobia (paura di essere intrappolata in un luogo aperto da cui è impossibile fuggire; per questo, la persona tende a restare vicino a porte di uscita o alla propria auto, temendo l'avvicinarsi imminente del prossimo attacco). E, proprio per questo, i pazienti sviluppano una forma secondaria di ansia anticipatoria, chiedendosi dove avverrà e come sarà l'attacco successivo.
Eziologia del disturbo da attacco di panico
Nessun dato neurobiologico è in grado di spiegare cosa scateni l' inizio di un attacco di panico.
I fattori che, più frequentemente, si riscontrano nei pazienti con attacchi di panico sono i seguenti: 
 
 
  1. alterazione nel livello delle aspettative nei confronti del paziente;
  2. cambiamenti legati alla sfera lavorativa;
  3. perdite di figure significative nella vita dei pazienti (da esperienze infantili, in cui era stato minacciato l'attaccamento a un genitore, a lutti familiari);
  4. percezione che i genitori fossero minacciosi, irritabili, critici, controllanti ed esigenti.
Oltre a questi fattori sono stati, inoltre, rilevati anche:
  1. schemi di ansia rispetto alla socializzazione nell' età infantile;
  2. genitori non supportivi;
  3. sensazione di essere intrappolati (rabbia ed aggressività sono, infatti, di difficile gestione per la maggior parte di questi pazienti).
Nella maggior parte degli individui con attacchi di panico, si riscontra, però, un maggior numero di eventi stressanti nel mese che precede l'esordio dell' attacco.
Fattori predisponenti nell'attacco di panico
I pazienti che sviluppano un attacco di panico hanno una vulnerabilità neurofisiologica predisponente che può interagire con fattori stressanti ambientali per produrre il disturbo. Molti bambini sviluppano una inibizione comportamentale a ciò che non è noto.
Così pure, molte pazienti di sesso femminile che soffrono di attacchi di panico hanno subito abusi sessuali e fisici durante l' infanzia.
Comprensione dell'attacco di panico e trattamento psicoterapeutico
La teoria dell' attaccamento di Bowlby (per cui il bambino, a seconda di aver avuto genitori supportivi o meno), può servire per un approccio psicodinamico alla terapia. Persone che soffrono di attacchi di panico hanno difficoltà nel gestire la separazione e l'attaccamento, in quanto vorrebbero staccarsi dalle figure di riferimento ma nello stesso tempo provano un senso di perdita.
Secondo Milrod (1998), gli individui che sviluppano un disturbo da attacchi di panico hanno un Sè frammentato, e possono avere bisogno di un terapeuta o di altre figure importanti che li aiutino a sentire di avere un senso stabile di identità.
Le persone con attacchi di panico hanno bisogno di una combinazione di terapia farmacologica e psicoterapia, e anche quando la prima viene sospesa, necessitano di continuare un cammino psicoterapeutico per sconfiggere quella paura che ancora è rimasta.
Per concludere, ogni paziente è a sè, e il terapeuta dovrebbe esaminare, attentamente, gli attacchi e la storia di ciascun paziente, per determinare se vi siano fattori psicologici rilevanti.
 
 

sabato 11 ottobre 2014

Incontri Formativi Gratuiti-Associazione Insieme Onlus.Grottammare

L' Associazione Insieme Onlus-Ansia-Attacchi di Panico-Agorafobia con il Patrocinio del Comune di Grottammare, è lieta di invitarti a queste tre importanti giornate formative:

"CON-TATTO"
Incontri Formativi Gratuiti.
Perché chiedere, fornire e ricevere aiuto è importante.

• 18 Ottobre ore 15,00 presso la sala consiliare Comune di Grottammare via G.Marconi, 50

Relatore : Dott. Marco Forti Psicologo-Psicoterapeuta
"Riconoscere il malessere: i disturbi d'ansia, disturbo da attacchi di panico con e senza agorafobia"
"Riconoscere il malessere: la depressione, i disturbi alimentari e il disturbo ossessivo compulsivo"

• 25 Ottobre ore 15,00 presso la Biblioteca Comunale Grottammare via Matteotti, 41

Relatore :Dott.ssa Rosaria Maria Marzullo Psicologa-Psicoterapeuta
"Le figure professionali che lavorano con il disagio psichico. Che differenza c'è tra psicologo,
psicoterapeuta, psichiatra e a chi rivolgersi? Quale percorso?"
"L'ascolto e l'accoglienza delle persone con il disagio psichico"

• 8 Novembre ore 15,00 presso la Biblioteca Comunale Grottammare via Matteotti, 41

Relatore: Dott. Franco Guidotti
Psichiatra - Psicoterapeuta
Direttore del Dipartimento di Salute Mentale
ASUR-Marche Area Vasta 5
"La rete dei servizi sanitari e psicologici sul territorio"

Relatore: Dott.ssa Barbara Pezzotta Psicologa-Psicoterapeuta
"Il burnout: cos'è e come si previene. Il valore del lavoro di equipe"
"L'importanza dell'auto-mutuo-aiuto"

Intervento Elisabetta Guidotti Presidente Associazione Insieme Onlus.

BANDO FORMAZIONE 2014
CENTRO SERVIZI PER IL VOLONTARIATO MARCHE

"Progetto realizzato con il contributo della
Dott.ssa Cristiana Aprile Psicologa
e della Dott.ssa Elena Mattiello Psicologa"

Ingresso Gratuito

Al termine del corso verrà rilasciato un'Attestato di frequenza.

Per informazioni: info@insiemedap.it – 366/3623811
ww.insiemedap.it



Ministero della Salute-Volontariato Salute 

sabato 27 settembre 2014

Ansia, attacchi di panico, depressione: parliamone


La depressione è un problema che rovina la vita, lo so, ho rischiato di farmi davvero male. Ho sprecato tanti giorni preziosi della mia vita a causa sua, ma non è un problema indistruttibile, si può vincere, sappiatelo: credete di essere soli, che il vostro male sia unico, che nessuno lo capisca, ma non è così; il male è unico, perché ognuno di noi è unico, con esperienze uniche, vite uniche, e reagisce in modi più o meno differenti al male che lo attanaglia. Ma siamo tutti sulla stessa barca, e possiamo aiutarci l'un l'altro, e insieme ce la faremo: non disprezzate i vostri simili, né coloro i quali hanno studiato questo male, psicologi e psichiatri, il loro aiuto è fondamentale.
Tale problema non viene menzionato nel web, in tv, come si dovrebbe, perché ricordiamoci che anche questa è una malattia, sapete cosa vuol dire vivere chiusa in casa? Non avere voglia di alzarsi in piedi e voler dormire tutto il giorno, avere continuamente attacchi di panico che ti tolgono il fiato, ti fanno battere il cuore fortissimo, tremi, pensi di morire da un momento all'altro, eppure non è cosi. La disinformazione porta le persone a chiudersi in se stesse, nel loro guscio protetto, ma dovete sapere che ne possiamo uscire, ho stretti contatti con chi ce l'ha fatta, ed io tutt'ora lotto per combatterli.
La vita è troppo bella per non essere vissuta quindi lottate, fatevi vedere da medici competenti, fate psicoterapia, circondatevi di persone che vi amano e non di quelle che giudicano e basta, perché loro vi rovineranno. Dobbiamo avere la forza, che molte volte viene a mancare; lo so perché son la prima che ci sta passando, ma cos'è l'ansia per vincere contro di noi? Purtroppo questi disturbi portano a somatizzazioni fisiche come tachicardia, palpitazioni, stanchezza, tremori, nodo alla gola, ed a volte diventiamo pure ipocondriaci perché iniziamo ad avere dubbi su dubbi, paure su paure, ma non siete malati sono solo conseguenze al vostro stato d'ansia e solo dentro di voi che riuscirete a scoprirlo
Chiara Costa 

Blasting.News 

lunedì 15 settembre 2014

Tachicardia, sudorazione, paura di morire: Ho un attacco di panico!

I disturbi d'ansia sono attualmente una delle patologie più diffuse e frequenti nella popolazione e gli attacchi di panico ne costituiscono la manifestazione più acuta.
Tremore, tachicardia, sensazione di vuoto, perdita di controllo, paura di morire: chi soffre di ansia e di attacchi di panico comprende benissimo tali sensazioni e s'identifica pienamente in questa descrizione. L'etimologia della parola ansia può in qualche modo aiutarci a capire meglio cosa intendere quando parliamo di tale disturbo. La parola ansia deriva dal latino "angere" ossia stringere, infatti la parola è associata all'idea di strettezza e costrizione. Più precisamente, possiamo definire l'ansia come un sentimento di penosa attesa di un evento giudicato come terribile e catastrofico che non è ancora avvenuto ma che noi immaginiamo possa accadere; in altri casi l'ansia può essere generalizzata e quindi può non essere più circoscritta a un evento particolare ma sembra investire qualunque altro tipo di situazione: in tal caso la persona si trova a temere qualunque cosa di terribile possa accadere anche se non fa riferimento a nessun fatto specifico. Uno dei modi in cui l'ansia può manifestarsi in una persona sono le somatizzazioni.

L'esempio più chiaro e conosciuto di queste è costituito dall'attacco di panico. Il termine "panico" nasce dalla mitologia greca in cui si narra del dio Pan, metà uomo e metà caprone, che spaventava i viandanti e i pastori comparendo all'improvviso sul loro cammino e scomparendo poi velocemente, lasciando le proprie vittime sorprese, sbigottite e disorientate, nell'incapacità di spiegarsi quanto fosse accaduto. Similmente a quanto si racconta in tale mito, un attacco di panico è un episodio breve ed intenso in cui si sperimenta ansia acuta e che comporta intensi sintomi somatici accompagnati da vissuti psicologici di terrore, catastrofe imminente e impulso a fuggire. L'attacco si manifesta con sintomi fisici ovvero tachicardia, sudorazione, tremore accompagnati dalla sensazione di perdere il controllo su se stessi e sulla situazione. Spesso le persone hanno la sensazione di avere un malore e di stare per morire.

Ulteriore caratteristica associata a questo disturbo è il forte desiderio di fuggire dal luogo in cui si sta manifestando l'attacco. Dunque, si può comprendere, come l'attacco di panico, costituisca per chi ne soffre una situazione estremamente sgradevole e angosciosa. Generalmente si instaura un circolo vizioso in cui i sintomi fisici alimentano quelli mentali e viceversa, contribuendo ad aggravare la situazione.

È importante ascoltare questi segnali, cercare di capire cosa vogliono comunicarci. È fondamentale comprendere il significato e il senso profondo di quest'angoscia che si esprime attraverso determinati segnali corporei. Il modo per farlo è rivolgersi a degli esperti: lì dove tale disagio può trovare il giusto accoglimento e le parole adeguate per esprimersi al meglio.

Ester Miranda

 ilmediano.it

venerdì 5 settembre 2014

Possiamo farcela!

"Adesso so che quando si avanza uniti ci sono possibilità di successo. Adesso so che se non andrò in meta io, ci andrà un mio compagno. Adesso so che cosa vuol dire rispettare un avversario che è a terra. Adesso so che potrò cadere e perdere il pallone, ma un compagno sarà pronto a raccoglierlo e a lavorarlo per me. Adesso so che bisogna avere sempre qualcosa da portare avanti. Adesso so che si può anche perdere, ma non ci si deve mai arrendere. Adesso so che per ottenere qualcosa bisogna essere determinati. Adesso so che correre non vuol dire scappare, ma andare incontro al futuro. Adesso so che affrontare la vita sarà un gioco da ragazzi e che, se la vita è un gioco, il rugby è una gran bella maniera di viverla!"
Mirko Petternella, giornalista.