venerdì 9 marzo 2018

Disturbo evitante di personalità



Che cos’è il disturbo evitante di personalità

Il disturbo evitante di personalità è caratterizzato da un pattern pervasivo di inibizione sociale, sentimenti di inadeguatezza e ipersensibilità al giudizio negativo. Tale disturbo è anche caratterizzato da un comportamento stabile di evitamento verso le relazioni e le situazioni in cui la persona può essere sottoposta a valutazione da parte degli altri. Si tratta di un disturbo comune, con una prevalenza dell’1-10%.

Come si manifesta il disturbo evitante di personalità

Gli individui con disturbo evitante di personalità evitano le attività lavorative che implicano un significativo contatto interpersonale per timore di essere criticati, disapprovati e rifiutati. Evitano anche di farsi nuovi amici a meno che non siano certi di piacere e di essere accettati senza critiche. In molte situazioni possono agire con inibizione, avere difficoltà a parlare di sé e tendono a celare sentimenti intimi per timore di esporsi, di essere ridicolizzati o umiliati. Se qualcuno li disapprova o li critica anche leggermente possono sentirsi estremamente feriti. Gli individui con disturbo evitantesi sentono inetti, inadeguati e incapaci; si sentono quindi inferiori agli altri. Alcuni individui a causa di questo imbarazzo possono disdire occasioni importanti come colloqui di lavoro o appuntamenti galanti. Per non entrare in contatto con la sensazione di sentirsi inadeguati, inetti, esclusi dagli altri, le persone con disturbo evitante tendono ad avere una vita ritirata.

Il comportamento evitantespesso inizia nella prima infanzia o nell’infanzia con timidezza, isolamento, timore degli estranei e delle situazioni nuove. Anche se la timidezza è un precursore comune del disturbo, nella maggior parte degli individui tende a scomparire gradualmente con la crescita. Al contrario, gli individui che sviluppano il disturbo evitante di personalità possono diventare progressivamente più timidi con l’adolescenza e l’età adulta, quando le relazioni nuove assumono via via importanza maggiore.

Diversi pazienti riescono a mantenere un discreto funzionamento sociale e lavorativo, organizzando il loro stile di vita in un ambiente familiare e protetto. Tendono a mantenere il proprio lavoro negandosi ambizioni di carriera e quindi di confronto. Se il loro sistema di supporto cede, vanno incontro a depressione, ansia e collera. Per affrontare il malessere legato all’ansia o alla depressione, a volte i pazienti evitanti possono fare uso di sostanze, in particolare di alcolici; tale abitudine a volte può assumere le caratteristiche di una vera e propria condotta di abuso, che va ad accrescere l’isolamento del paziente che vede la propria immagine e la propria autostima crollare inesorabilmente.

 Dove rivolgersi  Le tecniche e terapie

Possibili cause del disturbo evitante di personalità

Alcuni autori sostengono che aspetti del disturbo evitantesiano in parte dovuti a fattori biologici, innati, combinati ad alcuni fattori di rischio come ad esempio storie di abusi fisici, storie di rifiuto da parte dei genitori, umiliazioni da parte dei coetanei.

I soggetti che sviluppano un disturbo evitante di personalità possono aver avuto situazioni familiari o scolastiche umilianti, rifiutanti, ridicolizzanti, inflessibili e particolarmente richiedenti un’immagine sociale impeccabile. Il disturbo evitante di personalità può anche essere causato dall’uscita da un ambiente familiare caldo, accudente e protettivo e dall’inserimento in un contesto extra-familiare (tipicamente la scuola) aggressivo, denigrante e giudicante.

Terapia del disturbo evitante di personalità

La cura del disturbo evitante di personalità è prevalentemente psicoterapeutica con un eventuale supporto farmacologico.

Trattamento farmacologico

La terapia farmacologica può aiutare gli individui con disturbo evitante di personalità, sebbene ovviamente non abbia alcun effetto sulla personalità del paziente. Lo scopo è quello di ridurre i sintomi che derivano dall’ansia sociale, grazie al fatto che alcuni antidepressivi serotoninergici possono migliorare gli aspetti fobico-sociali, diminuendo la sensibilità all’imbarazzo e la vergogna. Altre volte la terapia farmacologica si rende necessaria per trattare la depressione che consegue all’isolamento e alle difficoltà nel costruirsi un contesto sociale piacevole e supportivo. In alcune circostanze questi pazienti possono essere supportati con benzodiazepine, ad esempio in momenti specifici di esposizione a situazioni solitamente evitate.

Trattamento psicoterapeutico

Attraverso la terapia cognitivo comportamentale è necessario intervenire subito sulla non consapevolezza dei propri stati di sofferenza emotiva, poiché senza questa nessun intervento di comprensione e condivisione sarà possibile. In particolare, la difficoltà a identificare gli stati interni si accompagna alla tendenza a creare cicli interpersonali quando i pazienti con disturbo evitante entrano in contatto con gli altri: possono sentirsi inadeguati e per questo esclusi, possono sentirsi distaccati o costretti nelle relazioni. Tale funzionamento alimenta il distacco interpersonale e le difficoltà di comunicazione anche nella relazione terapeutica. Il passo seguente è quello di incrementare le capacità di collegare i propri pensieri e le emozioni che si provano alle situazioni esterne. Soltanto successivamente si cercherà di portare il paziente con disturbo evitante di personalità a sperimentare nuove strategie per padroneggiare le difficoltà relazionali efficaci. Altro aspetto fondamentale su cui intervenire è la tendenza che i pazienti con personalità evitante hanno di interpretare le intenzioni e i pensieri degli altri secondo il proprio punto di vista disfunzionale ed egocentrico.

Dal Sito: studicognitivi.it

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