giovedì 26 novembre 2020

ATTACCHI DI PANICO IN MEZZO ALLA GENTE: ALCUNI CONSIGLI UTILI PER AFFRONTARLI




L’attacco di panico fa parte dello spettro dell’ansia, come il disturbo d’ansia generalizzata e le fobie. Si parla di disturbo di panico quando gli attacchi si verificano in maniera ricorrente e imprevedibile. Tali crisi sono eventi di alcuni minuti caratterizzati da un’ansia e una preoccupazione crescenti e un’intensa paura di morire e di impazzire, accompagnati da sintomi somatici respiratori e cardiaci quali tachicardia, palpitazioni, fame d’aria, dolore toracico e sensazione di oppressione o soffocamento. È possibile provare sentimenti di irrealtà, come depersonalizzazione o derealizzazione, che rappresentano i sintomi psichiatrici del disturbo.

È possibile che la paura di un altro attacco sia tanto intensa che la persona si ritrova a evitare i luoghi pubblici e limitare significativamente le uscite; così, potrebbe modificare la propria vita nella paura di rivivere un evento simile, inficiando la propria socialità e qualità di vita. Tale atteggiamento di fuga e di evitamento non fa altro che rinforzare la propria vulnerabilità, portando allo sviluppo dell’agorafobia, cioè la paura di usare i mezzi pubblici, di stare in mezzo alla gente, di trovarsi in grandi spazi aperti o chiusi e, in generale, di stare da soli fuori da casa propria.

Ciò che contraddistingue il panico è l’ansia. K. Schneider definisce l’ansia come quella sensazione di tensione e malessere che sta nel fondo della vita psichica di tutte le persone. Definisce il panico, invece, come una reazione abnorme a un avvenimento, caratterizzato da una insolita intensità, da una inadeguatezza rispetto al motivo che lo ha scatenato e dall’assunzione di un comportamento esagerato per il contesto.

A causa del presunto stigma sociale, molte persone che soffrono di ansia non cercano aiuto e, per vergogna o per paura, si chiudono in sé stesse. Oggi le conoscenze del campo si sono parecchio ampliate e chiedere aiuto si rivela davvero utile per accettare il disturbo e, di conseguenza, evitare che si instaurino circoli viziosi di preoccupazioni e potere così condurre una vita “normale”.

L’ansia e il panico sono due condizioni emergenti, addirittura prevalenti, della società moderna. Colpiscono 2-3 volte di più le donne che gli uomini e si verificano soprattutto nei giovani. In Italia, secondo il Ministero della Salute il disturbo di panico colpisce 7 milioni di persone e si stima che un attacco colpisca fino al 5% della popolazione nell’arco della vita. Le statistiche potrebbero sottostimare il fenomeno, dal momento che sono molti i casi non diagnosticati per via dell’atteggiamento di chiusura delle persone affette.

Di fronte ad attacchi di panico frequenti, è opportuno che un professionista faccia una diagnosi precisa, escludendo qualsiasi causa di natura organica. Per gestire al meglio il disturbo di panico, si preferisce un approccio integrato che preveda la psicoterapia, come ad esempio la terapia cognitivo comportamentale, e in certi casi la farmacoterapia. Fondamentale è la psicoeducazione: è necessario ricevere tutte informazioni sui meccanismi clinici e psicologici della propria condizione, in modo da essere coscienti che l’attacco in sé non è pericoloso e identificare le proprie paure.

Non sempre i farmaci sono necessari, ma a volte costituiscono un ausilio nel percorso terapeutico. In questo caso sarà lo psichiatra a formulare la terapia farmacologica più efficace per il caso specifico, qualora si riveli necessaria, valutando le eventuali comorbilità e gli effetti collaterali.

Affidarsi a uno psicologo è la scelta più saggia, in modo da essere guidati in questo percorso di scoperta personale da chi, con competenza, offre strumenti potenti per gestire il problema e modificare la propria struttura di pensieri “mal-funzionanti” collegati al panico e all’ansia. Una delle tecniche più efficaci ed utilizzate nella terapia, è l’esposizione graduale: una situazione “ansiogena” viene destrutturata in step, nonché piccole sfide da affrontare gradualmente: avere successo ad uno step funge da fattore “decondizionante” per lo step successivo, riducendo la preoccupazione.

Per chi cerca di controllare un attacco, anche fuori casa, è particolarmente utile padroneggiare una respirazione lenta, dato che l’iperventilazione è uno dei sintomi quasi sempre presenti. Inoltre, andrebbero apprese delle tecniche di rilassamento, come il rilassamento isometrico, che prevede una sequenza ripetuta di tensione e distensione di un gruppo muscolare. Altri strumenti preziosi sono l’allenamento dell’attenzione, la meditazione mindfulness o il body-scan, tecniche che permettono di ristrutturare i propri pensieri grazie a una “pulizia” della mente.

Qualsiasi sia il trattamento che si decide seguire, è decisivo auto-osservarsi durante, prima e dopo gli attacchi, per identificare le situazioni e riconoscere le circostanze ad essi correlate, prevedere quali sono i comportamenti protettivi o di evitamento messi in atto, guardare come cambiano i propri pensieri con la crisi, osservare i sintomi fisici che emergono, e fermarsi a riflettere, in maniera analitica, sui processi che si sperimentano, in modo da fare chiarezza sul proprio stato psicofisico, passo per passo, in un percorso di auto-conoscenza.

Dal Sito: psicologionline

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