lunedì 9 giugno 2014

Attacchi di panico, ecco come se ne esce. I consigli dello psichiatra Giovanni Cassano

Durante un attacco di panico si ha la percezione di stare per morire
Zucchero l’ha confessato nel numero di giugno di Ok salute, il mensile wellness di Oggi: ho sofferto di depressione per quattro anni e pure di attacchi di panico, finché mi sono fatto curare dal professor Giovanni Battista Cassano dell’Università di Pisa.
Lo scrittore Christian Frascella (Mia sorella è una foca monaca il libro più noto) ha appena pubblicato un romanzo dal titolo indicativo Il panico quotidiano (Einaudi) dove l’autobiografia è più che trasparente e confermata nelle interviste.

Infine, al termine dell’ultimo Giro d’Italia ne ha parlato il corridore Giovanni Visconti rievocando lo scampato pericolo di un’esperienza come quella del 2012 quando fu colto – e per la prima volta – da un attacco di panico mentre era in corsa e dovette ritirarsi, temendo addirittura di morire lì, sui pedali. Perché questo è il vissuto di chi è preda di un episodio di disturbo di panico: la percezione di stare per morire di soffocamento o di infarto o di ictus. Oppure di essere sul punto di impazzire.
PROBLEMA ANTICO: SAFFO E ARETEO - Per indagare su questa malattia psichiatrica, parecchio diffusa (stando alle ultime statistiche ne soffre il 3,5% nella popolazione mondiale), ci siamo rivolti allo stesso specialista scelto da Zucchero, il professor Cassano. Che esordisce: «Identificare questo disturbo è stata una grande acquisizione della psichiatria moderna, firmata dall’americano Donald Klein. Anche se la più bella descrizione dei suoi sintomi è in una poesia di Saffo, la poetessa greca del VII-VI secolo a. C., quella che comincia con “Simile a un dio…”. E’ una descrizione accurata, minuziosa dell’attacco di panico, tanti vi si possono riconoscere. Così come nel vissuto del carpentiere descritto dal medico Areteo di Cappadocia nel I secolo d. C. Dunque è un disturbo che esiste da millenni, da sempre. In effetti è legato al sistema di allarme dell’organismo, che soffre di una disregolazione oppure che scatta su una soglia molto bassa, quindi basta anche un piccolo evento a scatenarlo. Ma in genere, è proprio la sua caratteristica, l’attacco esplode all’improvviso, a ciel sereno. Ed è un vero cataclisma».
Ci sono inoltre molte persone particolarmente sensibili agli spazi aperti o, al contrario, chiusi: piazze, assemblee, tunnel sono difficili o impossibili per loro da affrontare. Si parla anche di disturbo di panico-agorafobico.
«Inoltre – continua il professor Cassano – il panico è spesso associato ad altre patologie psichiatriche: innanzitutto al disturbo bipolare, poi l’ossessivo-compulsivo, molti disturbi d’ansia tra cui la fobia sociale. Spesso aggrava queste patologie oppure precede o segue un altro disturbo».

TERAPIE EFFICACI - Ma conosciuta la descrizione del disturbo di panico, si guarisce dal panico? «In un 30-40% delle persone sparisce spontaneamente. In un altro 30% si ha la remissione con la terapia specifica, ma ci possono essere ricadute. Per un altro 30% circa occorre una terapia molto prolungata».
E le cure in che cosa consistono? «Ci sono farmaci appositi, in uso da tanto tempo. Niente di nuovo di recente. Ha fatto progressi, invece, la psicoterapia cognitivo-comportamentale».

Lo scrittore Christian Frascella scrive e racconta della sua drammatica esperienza: “Peggio degli attacchi di panico c’è la paura che ritornino. E’ quell’attesa il vero inferno”. Commenta il professor Cassano: «Quell’attesa si chiama “ansia anticipatoria” e si instaura subito dopo il primo attacco. E’ l’idea che possa riscatenarsi da un momento all’altro, un assillo che avvelena in particolare la prima giornata. Ma che resta sempre. E questa paura è il sintomo più invalidante perché ispira comportamenti di evitamento: non si andrà più in treno se il primo episodio è accaduto lì (è il caso noto di Freud), a casa di qualcuno se è stato il teatro dell’improvviso cataclisma personale. Oltre al luogo, conta che cosa si stava facendo: chi è stato colpito mentre mangiava carne o spaghetti, potrebbe d’allora in poi volere solo cibi liquidi, frullati per paura di strozzarsi…
TUTTI AL PRONTO SOCCORSO - «Classico di chi soffre di panico – continua lo psichiatra pisano – è la corsa al pronto soccorso. Là sì che conoscono bene questi malati: chiedono cure ed esami o per il mal di cuore a causa delle palpitazioni o ai polmoni perché si sentono soffocare o dall’otorino per via delle vertigini… Eh sì, è un disturbo che ha interessato l’intera medicina e che ora in genere viene curato direttamente dai vari specialisti interpellati come pure dal medico di famiglia».
La possibilità di riprendersi la propria vita, dunque, esiste, si vince anche la paura che spaventa Frascella?

«Sì, sì, si riesce a curarla, viene la quasi certezza che l’attacco non si ripresenterà più. Quindi, ecco andare in piazza, e pure di notte, chi si bloccava per uno spazio aperto e prendere l’aereo chi proprio non poteva. Uno dei motivi di rifiuto per il volo o per addentrarsi in un tunnel (come anche per l’occupare i posti centrali al cinema), nella mente del malato di panico, è la difficoltà a poter raggiungere i soccorsi in caso di attacco…».
 Questo articolo è uscito anche sul sito della Fondazione Veronesi

Pubblicato su L' Huffington Post il 09/06/2014 

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