sabato 7 giugno 2014

Concordia, il dramma dei naufraghi: "Abbiamo ancora attacchi di panico"


Molti di loro soffrono di attacchi di panico e stati d'ansia dopo il grande spavento di quella notte, quando la Costa Concordia ha urtato gli scogli dell'Isola del Giglio, la notte del 13 gennaio 2012.
Oggi per la prima volta i naufraghi parlano al teatro Moderno di Grosseto, trasformato in aula giudiziaria per il processo all'ex comandante Francesco Schettino. Hanno raccontato di quei drammatici momenti in cui "cambiò tutto, dall'allegria e dalla meraviglia di essere in crociera - ha detto Claudia Poliani, parrucchiera di Roma - noi passeggeri entrammo di colpo nel panico, cademmo, era buio, nessuno ci assisteva". "Non abbiamo visto ufficiali - ha ricordato ancora la donna - c'erano solo camerieri in divisa; il personale non parlava italiano e male l'inglese, prendemmo i giubbotti salvagente da soli e provammo a indossarli". Lei, in particolare, per lo stress non riesce più a guidare con tranquillità la macchina, "perciò, siccome vivevo fuori Roma, ho dovuto cambiare casa e avvicinarmi alla città". Analoghi problemi per un'altra testimone, Ivana Codoni: "Soffro di attacchi di panico. Non mi era mai successo prima del naufragio. Sono sempre sotto controllo medico". In merito a quella notte ha ricordato: "Il personale ci diceva di tornare in cabina ma capimmo che era una trappola e scappammo verso i ponti all'esterno. Eravamo come in autogestione". E per Liliana Dobrian, che vive a Grosseto: "Dopo il naufragio io e mio marito non dormivamo più, avevamo dolori alla testa, ci ha visitato uno psichiatra, da allora abbiamo paura e ansia".
Luigi D'Eliso ha raccontato dello stato di paura delle persone a bordo: "C'era chi dava in escandescenze; al ristorante tiravano pugni contro gli arredi, le mani sanguinavano. Uno chiedeva: come faccio a salvarmi? Come faccio a salvare i miei figli? E la risposta dei camerieri era laconica: non lo sappiamo nemmeno noi". Anche sua moglie ha ben chiaro il momento in cui "la gente batteva i pugni sui tavoli. Il padre di un bambino urlava. Ci dicevano che c'era stato un guasto tecnico, ma capivamo che non era così. Infatti volevo andare in cabina a recuperare i vestiti ma non lo feci, la nave si inclinò e rinunciai perché pensai di fare la morte del topo".

                                              


L'Unione Sarda.it

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