giovedì 23 aprile 2020

Claustrofobia, la paura degli spazi chiusi




La vita dei claustrofobici subisce parecchie limitazioni. Basti ad esempio pensare che molti si rifiutano di eseguire esami diagnostici come la risonanza magnetica

Deriva dal termine latino 'claustrum' che significa 'luogo chiuso' e dal greco 'phobos', ovvero 'paura, fobia'. La claustrofobia è il terrore morboso di spazi o di luoghi chiusi, ristretti, molto affollati, dai quali la fuga sarebbe difficile o pressoché impossibile. Stanze di piccole dimensioni o prive di finestre, locali gremiti di gente, ascensori, bagni pubblici, metropolitane, generano nel claustrofobico una sensazione di oppressione ingravescente accompagnata da sintomi fisici (sudorazione fredda, tachicardia, nausea) o da veri e propri attacchi di panico. Il soggetto crede di essere in trappola e la mente, per proteggersi da quello che considera essere un pericolo, mette in atto strategie di evitamento. Si tenta, così, di non esporsi allo stimolo fobico o di farlo solo in presenza di un familiare o di una persona cara. Tutto ciò, ovviamente, si traduce in pesanti limitazioni nella vita quotidiana. Basti pensare, ad esempio, che chi è affetto da claustrofobia, rinuncia anche all'esecuzione di esami medici (risonanza magnetica) o a indossare abiti stretti.

Non sono ancora del tutto note le cause di questo disturbo. Nella maggior parte dei casi esso risulta essere l'espressione di traumi o di particolari modalità di percezione sperimentate durante l'infanzia e l'adolescenza. Qualora il naturale istinto di esplorazione venga scoraggiato, nel bambino si instaurerà un blocco della percezione del sé e delle proprie capacità. Egli sarà un adulto con poca autostima e con un'ansia spropositata nei confronti di tutto ciò che, simbolicamente, limita la sua libertà. Secondo alcune ricerche la claustrofobia è determinata da un malfunzionamento dell'amigdala, una struttura appartenente al sistema limbico capace di influenzare il processo di percezione del pericolo. Altri esperti, invece, sostengono che la fobia derivi da una disfunzione della percezione dello spazio correlata ad un meccanismo evolutivo. Da un punto di vista psicoanalitico, infine, la mania è l'esito di un grave conflitto psicologico che si esprime attraverso il processo della conversione.

sintomi della claustrofobia variano da persona a persona. Alcuni soggetti sperimentano lievi disagi in spazi ristretti. Per altri, invece, l'angoscia è insopportabile e spesso sfocia in attacchi di panico. Tra le reazioni fisiche più frequenti, si ritrovano: senso di svenimento, vertigini, tremori, nausea, bocca secca, tachicardia, brividi, sudore freddo, vampate di calore. Ancora mal di testa, confusione, formicolio, dispnea, sensazione di oppressione o di dolore al petto, pianto, fischi alle orecchie, intorpidimento, disturbi visivi. Ci sono dei claustrofobici che giurano di aver visto i muri avvicinarsi a loro e altri credono di soffocare, di perdere il controllo e addirittura di morire. Tutte queste manifestazioni non sono altro che il prodotto di quella che viene definita 'reazione di attacco di fuga'. La mente, associando i luoghi angusti e certe situazioni a minacce, prepara in automatico il corpo a combattere per garantire, così, la sopravvivenza.

Dal Sito: m.ilgiornale.it 

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