Attacchi di panico: quando all’interno di un nucleo familiare uno dei componenti vive costantemente i sintomi del panico l’intero sistema “famiglia” può entrare in crisi.
Inizialmente le persone che stanno vicino al famigliare che vive il panico e i relativi attacchi potranno sentirsi disorientati da questa nuova realtà e magari non sapranno bene cosa fare, cosa dire e potrà accadere che i primi tentativi di aiuto non vadano a buon fine. Per giunta l’emergere di sentimenti quali impotenza, frustrazione e rassegnazione potrà portare il famigliare ad affermazioni quali: “noi abbiamo provato di tutto ma nulla ha funzionato…non sappiamo più cosa fare con te….fai quello che vuoi che noi ci rinunciamo!”. Tutto questo può peggiorare i sintomi della persona che si trova a vivere un momento molto difficile della propria vita.
Queste situazioni reazionali possono accadere anche quando, inizialmente, ci si approccia al famigliare “con modi più leggeri” cercando di minimizzare le difficoltà manifestate con affermazioni del tipo: “stai tranquillo, non c’è niente di cui aver paura, non ci pensare che poi passa…sono solo dei pensieri”. Oppure quando si utilizzano “modi più forti” negando completamente l’attacco di panico e assumendo un atteggiamento critico con frasi del tipo “ma è possibile che queste cose succedano solo a te? Non vedi che è tutto frutto della tua testa? Adesso basta, qui c’è una casa, una famiglia, un lavoro da portare avanti e noi non abbiamo tempo da perdere”.
Le modalità di rapportarsi appena descritte, generalmente non aiutano, anzi aggiungono sentimenti di colpa ad una situazione già di per sé complicata, e producono vissuti di isolamento ulteriore, incomprensione e biasimo.
Per tale ragione è fondamentale tener presente che i familiari possono essere molto importanti nel processo di guarigione del familiare nel momento in cui hanno accesso a strumenti di sostegno e ad una corretta informazione sul disturbo del panico e sugli attacchi.
Il primo passo è quello di abbandonare i preconcetti e per questo bisogna considerare che, anche se gli attacchi di panico non lasciano delle conseguenze fisiche, sono una condizione medica diagnosticabile accompagnata da ben precisi sintomi fisici, emotivi e cognitivi e non il frutto di una “debolezza del carattere o di immaginazione” al pari di altri disturbi definiti “medici”.
Inoltre è importante conoscere e comprendere la storia e le cause del disturbo per potere intraprendere possibili soluzioni perché i famigliari devono svolgere un ruolo d’intervento attivo e concreto durante le manifestazioni dell’ansia. Questo può avvenire solo nel momento in cui si è capaci di discriminare i sintomiche accompagnano l’attacco di panico come tremori, le vertigini, l’aumento della sudorazione, l’aumento della frequenza cardiaca da altre condizioni mediche. E’ indispensabile non farsi sopraffare dai dubbi quali: “ho mio dio cosa sta succedendo?, cosa sarebbe meglio fare?, sarà vero quello che dice? Sarà un infarto?..ecc. In aggiunta la più importante azione da compiere in questi casi è rivolgersi a professionisti qualificati del settore come il medico di base, lo psichiatra e lo psicoterapeuta insieme ad altre figure riconosciute perché sono loro che hanno le conoscenze, le competenze e le strategie pratiche per poter svolgere un corretto intervento.
Nello stesso tempo è vitale sviluppare una rete di sostegnoperché spesso la persona che vive igli attacchi di panico è nella costante attesa di una futura crisi e ha paura di non poterla gestire, e si trova perciò a limitare drasticamente le proprie attività. Vengono ridotti momenti di svago, situazioni sociali come cene o pranzi con gli amici. Non si frequentano più posti ritenuti ansiogeni come il cinema, la palestra o le sale da ballo, mentre vengono mantenute solo le azione strettamente indispensabili come andare ad una visita medica. Proprio in questi momenti i familiari potrebbero far sentire il loro sostegno, ad esempio accompagnandolo negli spostamenti quotidiani, e il loro appoggio mentre la persona affronta le difficoltà giornaliere.
E’ importante che la famiglia sappia che anche quando il familiare intraprende un percorso terapeutico questo non avviene seguendo un processo lineare, ecco perché può succedere che si alternino delle fasi di miglioramento a delle fasi in cui i sintomi peggiorano. Proprio per questo motivo dovrebbero sostenere la persona nel riconoscere che dei passi in avanti sono stati svolti e che se si attraversa un “momento no” non vuol dire che il lavoro svolto sia stato perduto. E’ importante riconoscere gli sforzi che la persona sostiene nell’affrontare gli attacchi di panico anche se ancora non riesce a star bene. Ad esempio rinforzare l’impegno messo nell’iniziare nuovamente a guidare dopo un lungo periodo di blocco. In generale è sempre consigliato sottolineare positivamente tutte quelle azioni attraverso le quali la persona cerca di riappropriarsi della propria vita. Soprattutto nei momenti di difficoltà e in cui si perde la motivazione bisogna sostenerla e aiutarla a non scoraggiarsi e a ritrovare la motivazione per riprendere il percorso terapeutico. A questo scopo è utile adoperarsi per farla ragionare, a non aspettarsi tutto e subito, a ricordarsi dei risultati raggiunti e consolidati, a perseverare e soprattutto a non arrendersi.
Ma cosa fare per aiutare chi sta avendo un attacco di panico? Qualche consiglio pratico.
Nel caso di un attacco di panicobisogna mantenere la calma per non agitare ulteriormente la persona in crisi, riconoscere i sintomi dell’attacco di panico è fondamentale per capire esattamente in che direzione muoversi, quindi se si è di fronte al panico o ad una manifestazione di altra natura che può necessitare di un altro tipo di intervento, ad esempio medico.
Una volta accertato che si tratti di attacco di panico è bene parlare alla persona con un tono calmo e fermoallo scopo di riassicurarla e di farle sentire che non è sola “Sei al sicuro qui. Io sono qui insieme a te. Se lo vuoi io sono qui per aiutarti”. E’ anche utile aiutare la persona a realizzare che sta avendo un attacco di panico e, sempre con tono rassicurante, dirle “Stai avendo un attacco di panico, vedo che hai molta paura, tra qualche minuto sarà passato”. Prenderle la mano potrebbe essere un gesto utile per farle sentire la vostra presenza, sempre chiedendo se le farebbe piacere oppure la metterebbe in imbarazzo. Un altro momento di incertezza che vive chi presta aiuto è legato alla domanda: “E’ meglio se rimango o se la lascio da sola?”, e anche in questo caso basta osservare e chiedere: a meno che non sia la persona stessa che vive l’attacco di panico a chiedere di rimanere da sola, è bene rimanere a farle compagnia. Dal momento che un attacco può manifestarsi in qualunque momento, potrebbe succedere anche in un luogo caotico ed affollato; in quel caso si consiglia di spostarsi in un posto più tranquillo e appartato, trovando una posizione “ideale” di rilassamento, che sia in piedi, seduto o addirittura sdraiato.
In caso di attacchi di panico sollecitare la persona a rientrare nel momento presente è sempre una mossa consigliata, così da creare un contatto diretto e basato sul qui ed ora, facendosi raccontare cosa sta vivendo, ad esempio chiedendo di tanto in tanto “Come ti senti adesso?”. Il respiro rappresenta il primo parametro da far rientrare nella norma per limitare lo sviluppo della crisi; per incoraggiare il controllo del respiro una tecnica molto utile è quella di contare mentre la persona respira: “Inspira 1-2. Espira 1-2”, poi gradualmente si aumentano i tempi contando fino 3, poi a 4, poi a 5. E’ importante che la respirazione sia lenta, continua e non eccessivamente profonda perché l’iperventilazione può peggiore i sintomi. Se si è in casa, un’altra tecnica per orientare la persona al momento presente consiste nell’invitarla a svolgere un semplice compito pratico, come ad esempio lavare i piatti o rassettare una stanza. Se non si è in casa, invece, la si può invitare a compiere delle semplici attività focalizzate e ritmiche come ad esempio alzare e abbassare le braccia.
Attacchi di panico: cose da evitare.
Anche in questo senso è utile tenere presente degli accorgimenti pratici su cosa sarebbe meglio evitare di fare nel caso qualcuno sia soggetto ad attacchi di panico; se si preferisce non agire attivamente, sarebbe buona cosa almeno evitare di gettare benzina sul fuoco.
La durata di un attacco di panico varia dai 5 ai 20 minuti, ma anche nella sua brevità può essere un’esperienza estremamente intensa e traumatizzante per chi la vive, e avvolte anche per chi assiste. Per questi ultimi sarebbe auspicabile rimanere calmi, non mostrare paura e evitare esclamazioni infauste, malaugurate, di critica e biasimo. Le domande sono utili da fare per capire cosa sta accadendo, ma non deve essere un interrogatorio, che porterebbe ancora più tensione e ansia. Un errore molto comune è quello di pensare che con delle espressioni brusche si solleciti la persona a rinsavire e superare quel momento. Ma basta fermarsi un momento a riflettere: come si può pensare che avere delle maniere forti e brusche possa sortire l’effetto di “calmante” se si ha davanti una persona che già è in uno stato di agitazione generale?
Adottare un atteggiamento superficiale, di disappunto e distaccato probabilmente non darà mai in nessun caso dei buoni risultati, soprattutto nei rapporti interpersonali.
Dal sito: drlorenzoflori.it
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