Per ciò che concerne invece l’anatomia, molte ricerche hanno portato a ipotizzare che una trasmissione difettosa o esagerata nell'ambito di un circuito che comprende l'ippocampo, vari nuclei amigdaloidei, la sostanza grigia periacquedottale, la corteccia prefrontale mediale e quella cingolata, vari nuclei ipotalamici, il nucleo parabrachiale, il nucleo del tratto solitario, il locus coeruleus e la parte sensoriale del talamo, possano essere responsabili della sintomatologia degli attacchi di panico. E’ questo infatti il circuito, con le sue varie e reciproche connessioni, preposto – fra le sue numerose funzioni – a controllare la paura. Forse non tutti sanno che il disturbo di panico è una condizione nella quale, verificatosi il primo episodio di panico, la neurochimica e l'attività dei circuiti cerebrali si modificano permanentemente, andando incontro ad una vulnerabilità del circuito, che consente più facilmente il verificarsi di un attacco di panico. Quindi, il cervello funziona diversamente prima e dopo il primo attacco di panico.

Dire a una persona con un attacco di panico in corso di stare tranquilla e gestirlo con la forza di volontà equivale quindi a pretendere che una persona con un infarto in corso possa regolare il battito cardiaco con la propria forza di volontà. Gli psichiatri evidenziano proprio questa falso convincimento come una delle cause principali del peggioramento del quadro clinico di coloro che soffrono di attacchi di panico. Colpevolizzarsi a causa delle proprie reazioni fobiche, apparentemente immotivate per chi assiste a una crisi senza avere competenze mediche, è l’anticamera dell’isolamento per il paziente. Pretendere di superare tutto da soli, convincendosi che sia una questione di carattere, sopportazione, coraggio e volontà non fa che radicalizzare il sintomo creando una serie di microtraumi sempre più difficili da affrontare. Negare il quadro composito di un attacco di panico, anche e soprattutto per ciò che riguarda le interferenze chimiche e genetiche che i ricercatori hanno riscontrato, significa accettare una parziale componente di questa patologia. Tanto devastante, debilitante e traumatizzante per chi la subisce può essere, quanto è possibile contenerla e in molti casi uscirne, a patto che si accetti di trovarsi di fronte a un disturbo complesso che, per la sua natura stratificata, può necessitare diverse cure sinergiche come il supporto psicologico rafforzato da quello farmacologico. Dimostrando quanto lo squilibrio chimico influisca e giochi un ruolo determinante in un attacco di panico, gli psichiatri spiegano quindi quanto una delle soluzioni più funzionali sia il supporto farmacologico, capace di riequilibrare gli scompensi che portano all’attacco.