domenica 13 gennaio 2019

A new life - Storie di Panico


"Le vostre storie, il vostro coraggio, la vostra forza."


Dalla depressione alla psicosi.

Dalla psicosi al dap. 

 
Dal dap al semi-autocontrollo.

Ciao, eccomi qui a raccontare la mia storia. Una storia tra tante. Spero di poter aiutare qualcuno perché, come vedrete, da caso disperato sono diventata una persona con tanta voglia di vivere.
Il mio primo trauma l’ho avuto a pochi mesi. Sono la quarta figlia nata dopo 9 anni dal terzo. Ero super coccolata. Ogni giorno mio padre e i miei fratelli al rientro da lavoro e da scuola facevano la fila per giocarmi, coccolarmi. Ero una bambina felice, ridevo sempre! Un giorno mia madre dovette andare in ospedale per un lungo periodo e non sapendo dove lasciarmi mi portò con sé. Io ero al reparto nursery assieme ad altri bambini. Io essendo sana e non avendo problemi le infermiere mi lasciavano da sola. Io piangevo sempre, sgambettavo con le gambine talmente forte che mi svestivo da sola dalla tutina. Al reparto mi chiamarono “la bandita”. Tornata a casa non ero più la bambina di una volta, non ridevo più e, nonostante tutti continuassero a giocarmi e coccolarmi, avevo sempre un velo di tristezza. Cresciuta, ricordo una delle mie sorelle mi faceva sempre il solletico… per farmi ridere! Arrivata alla maturità ho avuto un altro trauma che non sto qui a raccontare, troppo privato. Avevo già dei sintomi che non riuscivo a decifrare, mi sentivo osservata e la testa spesso era confusa. Vivevo questo disagio in estremo silenzio, cercando di non far capire nulla. A distanza di oltre venti anni posso dire che mi comportavo stranamente. Ed eccomi all’università, ennesimo trauma! Anche questa volta non mi va di raccontarlo. Avevo immagazzinato tutto, ma esternamente continuavo a vivere la vita di sempre magari con qualche scelta sbagliata. Esattamente come una bandita. Al secondo anno di università muore mio padre, il mio pilastro e io letteralmente crollo in un baratro. All’inizio mi diagnosticarono la depressione maggiore, ma col passare del tempo anche psicosi. Ad esempio se accendevo la tv, avevo l’istinto di spaccarla perché convinta che per mezzo della tv mi spiassero. In tutto questo caos ho continuato a fare gli esami all’università anche se a rilento. La mia psichiatra si chiedeva come facessi, mi diceva che ero brava. A un certo punto però ho voluto lasciare l’università, non ero più in grado di vivere con coinquiline estranee e poi perché io volevo solo stare a letto. Tornata a casa mi sono rinchiusa nella mia stanza. Mia madre poverina per spronarmi me ne diceva di tutti i colori. Allora io pur di non sentirla decisi di riprendere l’università, ma avevo solo cambiato stanza e letto. Non feci esami per parecchio tempo, anche mentendo. Ma una cosa continuavo a fare, sforzandomi all’estremo, facevo psicoterapia in una città diversa da dove stavo. Costringermi a viaggiare, a raccontarmi era come costringermi a riprendere la mia vita in mano. Col tempo però i miei problemi aumentarono perché credo di averle avute tutte: fobia sociale, tremolio dovuto ai medicinali, insonnia, crisi di pianto e psicosi a non finire. In tutto questo incontrai un bravo ragazzo con il quale sono stata 8 anni. Ricordo che lui mi voleva veramente bene, cercava di aiutarmi in qualsiasi modo (mi regalò una dispensa sul marketing di sé, mi regalò dei puzzle che abbiamo costruito insieme, mi portava in giro all’aperto, a conoscere luoghi), ma io non mi fidavo di lui (se andavamo in un bar a bere qualcosa, io scambiavo i bicchieri perché imputavo tutti i miei malesseri a qualcosa di esterno da me, tipo un malocchio o una fattura) e lui nonostante ciò cercava sempre di tranquillizzarmi. Il periodo in cui mi sono laureata è coinciso con la morte di mia nipote, la mia nipote preferita. Esattamente dopo un anno il mio ragazzo mi lascia e qui che decisi per la prima volta di farla finita (la prima di tre volte). Mi salvò proprio il mio oramai ex ragazzo. Ero caduta così in basso che per forza di cose dovevo per forza rialzarmi, piano piano… Mi diedero dei diversi medicinali. All’inizio stavo bene, ma non ho mai accettato di assumere i medicinali perché non sopportavo gli effetti collaterali, come tremolio e aumento del peso. Facevo di testa mia e di conseguenza con forti ricadute. Nel frattempo cominciai a provare a lavorare, ma cominciarono anche altre mie fobie: paura di non farcela, paura di giudizi, paura dell’altro, il mio corpo si surriscaldava, iniziavo a sudare, a tremare ad avere paura della paura… ed ecco il maledetto dap! Se i farmaci mi curavano dalla psicosi, io ero capace di inventarmi nuovi disturbi. Ho cambiato diversi lavori, ma li abbandonavo tutti. Stabilita a casa e con la collaborazione della mia famiglia ho passato un lungo periodo di tranquillità a casa, dove oltre alla psicoterapia con una nuova psicologa (quella che mi ha aiutata veramente), a tanta musica (anche la musica può essere una terapia) e a tanta lettura ho cominciato ad avere la forza e la gioia di vivere. L’anno scorso mi si ripresenta l’opportunità di un nuovo lavoro, questa volta nel pubblico, una supplenza annuale in una scuola. Tra tante difficoltà e con tutte le mie paure ho portato a termine il mio lavoro. Questa estate credo di avere avuto una ricaduta per lo sforzo e l’impegno di tutto l’anno, ma sono comunque contenta perché finalmente mi sono misurata con un lavoro, a vivere da sola. 

Adesso aspetto, anche se con ansia, una nuova chiamata, nel frattempo mi coccolo e imparo a autocontrollarmi. 

Anonima 


Dal gruppo Facebook DAP attacchi di panico "Inarrestabile voglia di vivere  e dalla Pagina Ansia-Attacchi di panico-Agorafobia Associazione Insieme Onlus 

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