mercoledì 30 gennaio 2019

L’albero che non sapeva chi era davvero


L'albero che non sapeva chi era è una bella storia che ci ricorda che ognuno di noi è unico. Non riconoscere questa verità e prendere gli altri come punto di riferimento può allontanarci dal nostro vero Io.

La storia de L’albero che non sapeva chi era racconta di un regno lontano nel quale viveva un giardiniere che amava il suo lavoro. Un giorno chiese al re il permesso di piantare il più bel giardino conosciuto sulla Terra. Avrebbe impiegato diverso tempo, ma il risultato ne sarebbe valso la pena. Era molto meticoloso e le piante da lui scelte avrebbero offerto uno spettacolo mai visto. Il re acconsentì entusiasta.

Con infinita pazienza, il giardiniere piantò uno a uno i semi, scegliendo per ognuno il posto migliore. Li innaffiò e nutrì ogni giorno. Sapeva che le piante sono esseri nobili e che rispondono sempre a chi le accudisce.

Passarono i mesi e alla fine iniziarono a crescere i primi gambi, le prime foglie. Il giardiniere era immensamente felice alla vista di quell’esplosione di vita. Dopo diverso tempo, fiorirono le rose, che riempirono di colore il giardino. Crebbero anche le margherite e i garofani. Poco tempo dopo, i meli iniziarono a dare i loro frutti e tutto l’ambiente si impregnò del loro aroma. Il giardino era rigoglioso, fatta eccezione per una pianta che non fioriva né dava frutti.

La pianticella cresceva più lentamente rispetto alle altre. Il giardiniere pensò che forse avrebbe impiegato più tempo a fiorire, ma che l’avrebbe comunque fatto. Dunque aspettò pazientemente, ma non notò alcun cambiamento. La storia racconta che trascorse più di un anno, ma la pianta si presentava quasi immutata rispetto all’inizio. Aveva uno stelo sempre più forte, foglie e rami, ma non appariva nessun fiore e ancor meno frutti.

Il rosaio, che era molto amichevole, volle dargli un consiglio. “Fissa il sole”, gli disse. “Io ho guardato il sole in faccia e vedi come sono fiorito. Credo che tu sia un rosaio e che ti manchi solo un po’ più di luce e di calore per fiorire”. La pianta lo ascoltò e da allora tutte le mattine guardava a lungo il sole. Cercava anche di stirarsi affinché i suoi raggi la raggiungessero meglio. Ma nulla. Dai suoi rami non spuntava nessun fiore.

Fu allora che intervenne il melo. “Il rosaio non sa quello che dice”, affermò. “In realtà tu sei come me, un melo. Hai solo bisogno di assorbire con maggiore intensità l’acqua. Vedrai che in poco tempo non solo fiorirai, ma darai anche dolci frutti. Ascolta quello che ti dico, so di cosa parlo”.

La pianta, che era ormai un piccolo albero, ascoltò attentamente il melo. Pensò che potesse avere ragione. Così, tutte le volte che lo innaffiavano, assorbiva più acqua possibile. Si sforzava molto, ma non gli dispiaceva. Voleva solo dare frutti. Ma più di questo, voleva capire chi era. Ed essere un melo lo attraeva.

Trascorse diverso tempo, ma nulla cambiò. L’albero che non sapeva chi era, continuava a non dare né rose né mele. E ciò lo riempiva di pena. Che razza di albero era se non era capace di infondere aroma e bellezza al giardino? Quale difetto aveva che lo rendeva incapace di essere chi era? In fondo, si sentiva inferiore a tutti. Un albero che non produce nulla, non serve a nulla, si ripeteva.

Si lasciò invadere dalla tristezza, finché un giorno non arrivò un gufo, il più saggio tra gli uccelli. Lo vide così afflitto che si posò su uno dei suoi rami e cercò di intavolare una conversazione. L’albero che non sapeva chi era gli raccontò i motivi della sua tristezza. Allora il gufo gli chiese il permesso di ispezionarlo con attenzione. L’albero acconsentì mentre tutte le piante osservavano incuriosite la scena.

Dopo averlo osservato dall’alto in basso, il gufo si posò di nuovo su uno dei suoi rami. “So cosa succede” disse, lasciando tutti in attesa di una spiegazione. “Non sei un rosaio, né un melo né nulla del genere. Sei una quercia e non devi fiorire né dare frutti come gli altri. Il tuo destino è crescere fino al cielo e divenire maestoso. Sarai nido per gli uccelli, rifugio per i viaggiatori e l’orgoglio di questo giardino”.

Le parole del gufo lasciarono tutti meravigliati. L’albero che non sapeva chi era capì che aveva sbagliato a voler essere come gli altri. Il rosaio e il melo si vergognarono un po’. Volevano aiutarlo, ma non era stato loro possibile perché il rosaio pensava come tale e così il melo. Impararono tutti la lezione. E fu così che quello divenne il giardino più bello della Terra, con la quercia come elemento fondamentale.

Dal Sito: lamentemeravigliosa.it

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