Sebbene esistano numerose malattie gravi in grado arrecare danni importanti alla salute, la caratteristica della persona con ansia per la salute è quella di non trovare mai una vera soluzione alle proprie preoccupazioni.
Viviamo in un mondo in gran parte dominato dalla dicotomia, i cui opposti sembrano spesso essere le uniche interpretazioni accettabili. Bello/brutto, giusto/sbagliato, sono solo alcuni degli esempi di questo modo di pensare che la terapia cognitivo-comportamentale standard ha denominato bias cognitivi, ovvero errori di pensiero e di ragionamento che possono considerevolmente compromettere la qualità della vita, se rigidi e poco inclini alla messa in discussione.
L’ansia per la salute, comunemente conosciuta come ipocondria, rappresenta un disturbo molto diffuso tra la popolazione e che trova nella dicotomia sano/malato uno dei fattori precipitanti e di mantenimento della sintomatologia che tipicamente si manifesta. Infatti, una delle idee che sovente riferiscono i pazienti è che essere sani significhi ‘assenza di malattia’: secondo questo ragionamento polarizzato, per definirsi sana la persona deve scongiurare ogni segnale di una possibile malattia, percepita come evento catastrofico che difficilmente sarà in grado di fronteggiare. In sostanza, ulteriori fattori contribuiscono all’instaurarsi e al perpetuarsi del disturbo: l’illusione di poter avere controllo su tutti i possibili eventi futuri e l’intolleranza dell’incertezza, ovvero l’incapacità di assumersi rischi, anche minimi, legati alla propria salute.
Per mantenere questa illusione di controllo e acquietare la percezione di incertezza, il soggetto ipocondriaco attua uno spostamento selettivo dell’attenzione, focalizzandosi sulle sensazioni provenienti dal proprio corpo e accorgendosi pertanto di ogni minima modificazione dello stato dell’organismo. Così facendo egli avrà l’idea (illusoria!) di poter individuare tempestivamente una malattia e scongiurarne dunque l’epilogo infausto, già costruito nella sua mente sotto forma di immagini terrifiche: la stanza e il letto di ospedale, le cure dolorose, il corpo malato in balia di atroci sofferenze, lo sconforto delle persone care e così via.
Una precisazione: il soggetto con ansia per le malattie può tipicamente adottare due strategie alla lunga disfunzionali: 1) visite mediche frequenti (medico di base o altri specialisti) con richiesta di rassicurazione (sia del medico che dei familiari o degli amici) nel tentativo di controllare ogni possibilità di malattia; 2) evitamento, ovvero sottrarsi a qualsiasi stimolo riguardante le malattie poiché il solo pensare alla possibile malattia crea un forte stato di ansia che il soggetto tenta di gestire attraverso appunto l’evitamento di visite mediche, informazioni circa la salute, discorsi su morte o malati ecc.. Ovviamente né la prima né la seconda strategia risultano funzionali, anzi divengono entrambe fattori di mantenimento e di cronicizzazione della problematica.
Sebbene esistano numerose malattie gravi in grado arrecare danni importanti per la salute (la pandemiain corso ne è una prova, purtroppo, tangibile), la caratteristica della persona con ansia per le malattie è quella di non trovare mai una vera soluzione alle proprie preoccupazioni in quanto immersa in una serie di circoli viziosi che si autoalimentano e rafforzano. Leveni e colleghi (2017) affermano che l’ipocondria non è un problema di salute, bensì un problema di preoccupazione: l’attenzione selettiva ai pensieri negativi circa la possibilità di ammalarsi (e di poter fare qualcosa per impedirlo) blocca il soggetto nel suo stesso rimuginio, incrementando di conseguenza l’ansia, che a sua volta aumenterà la focalizzazione attentiva sui pensieri legati alla malattia e sui cambiamenti fisiologici del corpo, ipotesi sostenuta per giunta dal modello metacognitivo di Adrian Wells (2012). Sono proprio i cambiamenti fisiologici che avvengono di norma all’interno del nostro organismo, e che dai soggetti non ipocondriaci vengono interpretati come tipiche fluttuazioni (basti pensare al normale aumento del battito cardiaco dopo uno sforzo fisico che una volta a riposo viene ripristinato secondo la sua normale attività), ad essere considerati possibili segnali di una malattia e come tali hanno necessità di essere controllati per evitare ogni possibile esito dannoso. L’ansia aumenta e con essa si attiva la cascata di reazioni chimiche tipica dell’allerta (es: l’organismo rilascia adrenalina, il cuore pompa più sangue verso le parti distali del corpo ecc.) e il soggetto si sente in questo modo soverchiato dalla propria risposta ansiosa: la persona, in sostanza, si ritrova ‘ingannata’ dai suoi stessi pensieri e interpretazioni catastrofiche.
Secondo Salkovskis (1989) l’ansia per la salute è il risultato di un’interpretazione distorta dei segnali provenienti dal corpo: le fluttuazioni fisiche comuni vengono trattate come solide prove di una malattia più o meno grave e l’impatto emotivo conseguente varia a seconda del senso di minaccia percepito, che è dovuto principalmente all’interazione di quattro fattori: 1) percezione della probabilità che si manifesti la malattia temuta; 2) percezione della gravità e dei costi della malattia (sofferenza fisica, responsabilità per il dolore provocato alle persone care); 3) percezione della capacità di far fronte alla malattia; 4) percezione di quanto si possa influire sul decorso della malattia (mezzi di cura efficaci, nonostante capiti che la stessa terapia medica possa essere percepita come disastrosa in termini di sofferenza). L’equazione dell’ansia, utilizzata nella terapia cognitivo-comportamentale per spiegare l’intensità dei sintomi ansiosi, può essere quindi adattata per l’ipocondria, al fine di favorire una più chiara comprensione, da parte di chi ne soffre, dei meccanismi cognitivi alla base del disturbo (Fig. 1):
Viviamo in un mondo in gran parte dominato dalla dicotomia, i cui opposti sembrano spesso essere le uniche interpretazioni accettabili. Bello/brutto, giusto/sbagliato, sono solo alcuni degli esempi di questo modo di pensare che la terapia cognitivo-comportamentale standard ha denominato bias cognitivi, ovvero errori di pensiero e di ragionamento che possono considerevolmente compromettere la qualità della vita, se rigidi e poco inclini alla messa in discussione.
L’ansia per la salute, comunemente conosciuta come ipocondria, rappresenta un disturbo molto diffuso tra la popolazione e che trova nella dicotomia sano/malato uno dei fattori precipitanti e di mantenimento della sintomatologia che tipicamente si manifesta. Infatti, una delle idee che sovente riferiscono i pazienti è che essere sani significhi ‘assenza di malattia’: secondo questo ragionamento polarizzato, per definirsi sana la persona deve scongiurare ogni segnale di una possibile malattia, percepita come evento catastrofico che difficilmente sarà in grado di fronteggiare. In sostanza, ulteriori fattori contribuiscono all’instaurarsi e al perpetuarsi del disturbo: l’illusione di poter avere controllo su tutti i possibili eventi futuri e l’intolleranza dell’incertezza, ovvero l’incapacità di assumersi rischi, anche minimi, legati alla propria salute.
Per mantenere questa illusione di controllo e acquietare la percezione di incertezza, il soggetto ipocondriaco attua uno spostamento selettivo dell’attenzione, focalizzandosi sulle sensazioni provenienti dal proprio corpo e accorgendosi pertanto di ogni minima modificazione dello stato dell’organismo. Così facendo egli avrà l’idea (illusoria!) di poter individuare tempestivamente una malattia e scongiurarne dunque l’epilogo infausto, già costruito nella sua mente sotto forma di immagini terrifiche: la stanza e il letto di ospedale, le cure dolorose, il corpo malato in balia di atroci sofferenze, lo sconforto delle persone care e così via.
Una precisazione: il soggetto con ansia per le malattie può tipicamente adottare due strategie alla lunga disfunzionali: 1) visite mediche frequenti (medico di base o altri specialisti) con richiesta di rassicurazione (sia del medico che dei familiari o degli amici) nel tentativo di controllare ogni possibilità di malattia; 2) evitamento, ovvero sottrarsi a qualsiasi stimolo riguardante le malattie poiché il solo pensare alla possibile malattia crea un forte stato di ansia che il soggetto tenta di gestire attraverso appunto l’evitamento di visite mediche, informazioni circa la salute, discorsi su morte o malati ecc.. Ovviamente né la prima né la seconda strategia risultano funzionali, anzi divengono entrambe fattori di mantenimento e di cronicizzazione della problematica.
Sebbene esistano numerose malattie gravi in grado arrecare danni importanti per la salute (la pandemiain corso ne è una prova, purtroppo, tangibile), la caratteristica della persona con ansia per le malattie è quella di non trovare mai una vera soluzione alle proprie preoccupazioni in quanto immersa in una serie di circoli viziosi che si autoalimentano e rafforzano. Leveni e colleghi (2017) affermano che l’ipocondria non è un problema di salute, bensì un problema di preoccupazione: l’attenzione selettiva ai pensieri negativi circa la possibilità di ammalarsi (e di poter fare qualcosa per impedirlo) blocca il soggetto nel suo stesso rimuginio, incrementando di conseguenza l’ansia, che a sua volta aumenterà la focalizzazione attentiva sui pensieri legati alla malattia e sui cambiamenti fisiologici del corpo, ipotesi sostenuta per giunta dal modello metacognitivo di Adrian Wells (2012). Sono proprio i cambiamenti fisiologici che avvengono di norma all’interno del nostro organismo, e che dai soggetti non ipocondriaci vengono interpretati come tipiche fluttuazioni (basti pensare al normale aumento del battito cardiaco dopo uno sforzo fisico che una volta a riposo viene ripristinato secondo la sua normale attività), ad essere considerati possibili segnali di una malattia e come tali hanno necessità di essere controllati per evitare ogni possibile esito dannoso. L’ansia aumenta e con essa si attiva la cascata di reazioni chimiche tipica dell’allerta (es: l’organismo rilascia adrenalina, il cuore pompa più sangue verso le parti distali del corpo ecc.) e il soggetto si sente in questo modo soverchiato dalla propria risposta ansiosa: la persona, in sostanza, si ritrova ‘ingannata’ dai suoi stessi pensieri e interpretazioni catastrofiche.
Secondo Salkovskis (1989) l’ansia per la salute è il risultato di un’interpretazione distorta dei segnali provenienti dal corpo: le fluttuazioni fisiche comuni vengono trattate come solide prove di una malattia più o meno grave e l’impatto emotivo conseguente varia a seconda del senso di minaccia percepito, che è dovuto principalmente all’interazione di quattro fattori: 1) percezione della probabilità che si manifesti la malattia temuta; 2) percezione della gravità e dei costi della malattia (sofferenza fisica, responsabilità per il dolore provocato alle persone care); 3) percezione della capacità di far fronte alla malattia; 4) percezione di quanto si possa influire sul decorso della malattia (mezzi di cura efficaci, nonostante capiti che la stessa terapia medica possa essere percepita come disastrosa in termini di sofferenza). L’equazione dell’ansia, utilizzata nella terapia cognitivo-comportamentale per spiegare l’intensità dei sintomi ansiosi, può essere quindi adattata per l’ipocondria, al fine di favorire una più chiara comprensione, da parte di chi ne soffre, dei meccanismi cognitivi alla base del disturbo (Fig. 1):
Fig.1: Equazione dell’ansia
Nello specifico, maggiore è la percezione della probabilità che si verifichi la malattia che si teme, la gravità e i costi associati, e minore la percezione della propria capacità di affrontare l’evento e i mezzi a disposizione per influire sul suo decorso, maggiori saranno i sintomi ansiosi esperiti dal soggetto, che a loro volta innescheranno circoli viziosi dai quale difficilmente egli riuscirà a sottrarsi, almeno fin quando l’intensità dell’ansia sarà oltre i limiti. Importante quindi, prima di qualsiasi intervento cognitivo e comportamentale, è ristabilire livelli di ansia tollerabili e gestibili affinché la persona si prepari a sfidare le sue credenze circa le malattie in modo più funzionale e con meno ostacoli.
Un altro punto da sottolineare per la comprensione dell’ipocondria è quello relativo ai concetti di probabilità e possibilità: per una persona con ansia per la salute ciò che è possibile è anche probabile, ovvero l’evento in quanto possibile è probabile che accada, sovrapponendo quindi i due concetti. Ciò che mal funziona in questo caso è un buon calcolo delle probabilità: ad esempio, la probabilità che un dolore ad un muscolo sia dato da uno strappo è più alta della probabilità che lo stesso dolore sia il sintomo di una grave malattia dell’apparato muscolo-scheletrico, ciononostante le due ipotesi vengono considerate ugualmente probabili, aumentando il rischio di una interpretazione erronea dei sintomi somatici che porta inevitabilmente a mettere in atto comportamenti di controllo e attenzione focalizzata sul corpo.
La terapia cognitivo-comportamentale si avvale di numerose tecniche che aiutano il paziente a mettere in discussione le proprie credenze negative di malattia, invitandolo a sfidarle sia da un punto di vista delle distorsioni cognitive che in termini di esperimenti comportamentali; questo permette di spezzare i circoli viziosi più robusti e far comprendere al paziente che la sua sofferenza non è data da una problematica medica, bensì psicologica, un problema cioè di ansia e di preoccupazione al quale può far fronte con impegno e strumenti validi. La persona con ansia per la salute tende infatti a sovrastimare la possibilità che un sintomo sia il segno di una malattia (sovrastimando inoltre la gravità) e al contempo a sottostimare la propria capacità di far fronte all’evento: la terapia cognitivo-comportamentale offre un modo efficace per ridimensionare le interpretazioni catastrofiche e restituire senso di efficacia personale nel superamento del proprio disturbo, spesso eccessivamente invalidante in diverse aree della vita (sociale, familiare, relazionale, lavorativa).
Dal Sito: stateofmind.it
Nello specifico, maggiore è la percezione della probabilità che si verifichi la malattia che si teme, la gravità e i costi associati, e minore la percezione della propria capacità di affrontare l’evento e i mezzi a disposizione per influire sul suo decorso, maggiori saranno i sintomi ansiosi esperiti dal soggetto, che a loro volta innescheranno circoli viziosi dai quale difficilmente egli riuscirà a sottrarsi, almeno fin quando l’intensità dell’ansia sarà oltre i limiti. Importante quindi, prima di qualsiasi intervento cognitivo e comportamentale, è ristabilire livelli di ansia tollerabili e gestibili affinché la persona si prepari a sfidare le sue credenze circa le malattie in modo più funzionale e con meno ostacoli.
Un altro punto da sottolineare per la comprensione dell’ipocondria è quello relativo ai concetti di probabilità e possibilità: per una persona con ansia per la salute ciò che è possibile è anche probabile, ovvero l’evento in quanto possibile è probabile che accada, sovrapponendo quindi i due concetti. Ciò che mal funziona in questo caso è un buon calcolo delle probabilità: ad esempio, la probabilità che un dolore ad un muscolo sia dato da uno strappo è più alta della probabilità che lo stesso dolore sia il sintomo di una grave malattia dell’apparato muscolo-scheletrico, ciononostante le due ipotesi vengono considerate ugualmente probabili, aumentando il rischio di una interpretazione erronea dei sintomi somatici che porta inevitabilmente a mettere in atto comportamenti di controllo e attenzione focalizzata sul corpo.
La terapia cognitivo-comportamentale si avvale di numerose tecniche che aiutano il paziente a mettere in discussione le proprie credenze negative di malattia, invitandolo a sfidarle sia da un punto di vista delle distorsioni cognitive che in termini di esperimenti comportamentali; questo permette di spezzare i circoli viziosi più robusti e far comprendere al paziente che la sua sofferenza non è data da una problematica medica, bensì psicologica, un problema cioè di ansia e di preoccupazione al quale può far fronte con impegno e strumenti validi. La persona con ansia per la salute tende infatti a sovrastimare la possibilità che un sintomo sia il segno di una malattia (sovrastimando inoltre la gravità) e al contempo a sottostimare la propria capacità di far fronte all’evento: la terapia cognitivo-comportamentale offre un modo efficace per ridimensionare le interpretazioni catastrofiche e restituire senso di efficacia personale nel superamento del proprio disturbo, spesso eccessivamente invalidante in diverse aree della vita (sociale, familiare, relazionale, lavorativa).
Dal Sito: stateofmind.it
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