mercoledì 28 ottobre 2020

Memorie traumatiche




«Per essere noi stessi, dobbiamo avere noi stessi – possedere, se necessario ri-possedere, la storia del nostro vissuto.
Dobbiamo[…] rievocare il dramma interiore, il racconto di noi stessi.
L’uomo ha bisogno di questo racconto, di un racconto interiore continuo, per conservare la sua identità, il suo sé.»
Oliver Sacks

Nel corso della nostra esistenza esperiamo eventi definiti come “traumatici” che mettono a dura prova le conoscenze e il controllo del nostro sistema cognitivo ed emotivo interagendo con i costrutti psicologici e la trama esistenziale, con il cervello e la personalità.

Il trauma psicologico può svilupparsi in relazione a tre differenti situazioni: avvenimenti drammatici vissuti direttamente, eventi affrontati in qualità di testimoni e infine, fatti accaduti ad altre persone legate a noi affettivamente.

Le manifestazioni psicopatologichedi un’esperienza traumatica comportano l’essere sopraffatti da emozioni molto dolorose e possono derivare da ognuno o da entrambi dei seguenti stressor:

  • un evento stressante di natura violenta (morte, lesioni, minacce all’integrità fisica e psicologica);
  • una serie di microtraumi relazionali avvenuti nelle prime fasi dello sviluppo emotivo (separazioni precoci, maltrattamento, trascuratezza psicologica, carenza di sintonizzazione affettiva) che si sono stabilmente ripetuti nel tempo.

L’emotività disorganizzante del trauma può interferire con il normale processo di elaborazione delle informazioni invadendo la memoria con un vissuto reiterante e denso di minaccia.

I ricordi possono essere, così, dissociati dalla coscienza ed essere, invece, memorizzati come percezioni sensoriali ad un livello implicito emergendo sotto-forma di percezioni terrificanti, ossessioni, preoccupazioni, reazioni ansiose, esperienze somatiche e immagini visive senza tempo, che trovano difficoltà a conciliarsi con gli schemi cognitivi preesistenti impedendo al soggetto di proiettarsi in un futuro rassicurante.

Il mondo diventa, pertanto, pericoloso e il soggetto appare incapace di integrare i diversi aspetti della propria esperienzaoscillando tra l’intrusività dei contenuti del trauma e la tendenza al loro evitamento-negazione, fino a produrre veri e propri disturbi intrisi di sofferenza e tristezza, senso di colpa, impulsi di rabbia e distruttivi, vergogna e sentimenti di vuoto.

I bambini e gli adulti traumatizzati soffrono di specifiche alterazioni dello stato di coscienza, con amensia, iperamnesia, dissociazione, depersonalizzazione e derealizzazione, ricordi improvvisi, incubi del trauma, difficoltà di orientamento nel tempo e nello spazio e disturbi sensomotori; sono incapaci di capire con chiarezza chi sono loro stessi e gli altri, hanno difficoltà a trovare persone alleate, mentre l’altro può essere fonte di gioia o dolore, ma raramente è considerato come un essere umano con propri bisogni e sentimenti (Van der Kolk, 2000).

Il trattamento terapeutico di tali sintomi implica di solito due elementi: l’esposizione ripetuta all’informazione relativa al trauma e la modificazione delle credenze non adattive. Sia l’esposizione sia i metodi cognitivi si sono rivelati efficaci. La terapia cognitiva, in particolare, ha l’obiettivo di portare il paziente ad apprendere strumenti mentali e modi di pensare che gli permettano di essere meno vulnerabile agli eventi stressanti e acquisire maggiore fiducia nelle proprie risorse.

La terapia dovrà permettere la costruzione nel tempo di ricordi dettagliati e accessibili a livello conscio ed insegnare al soggetto un repertorio di strategie per una migliore gestione dell’attivazione psicofisiologica e della sofferenza psicologica con l’obiettivo di:

  1. Modificare il comportamento manifesto (identificando e sostituendo comportamenti adattivi a comportamenti disadattivi);

  2. Sviluppare attività di autoregolazione (a livello sia dell’attivazione psicofisiologica sia del dialogo interno del paziente) che permettano di giungere all’elaborazione delle emozioni e dei sottostanti significati;

  3. Esplorare e modificare aspettative e strutture cognitive disfunzionali connesse alla gestione dello stress.


Dal Sito: sipsi.info

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