lunedì 4 marzo 2019

Come spiegare ai propri figli i nostri disagi?



Vorrei raccontarvi una parte molto importante della mia vita dentro al “DAP”, e, come introduzione, vorrei inserire alcuni spezzoni di un testo scritto da Dietrich Bonhoeffer, un Teologo protestante, martire del nazismo:

CHE COSA SIGNIFICA DIRE LA VERITÀ?

Dal momento in cui impariamo a parlare, ci si insegna che le nostre parole devono essere veritiere.

Che cosa vuoi dire? Che cosa significa: “dire la verità”? Che cosa ci viene richiesto? Evidentemente i genitori sono i primi che, con l’esigere la veridicità, regolano il nostro rapporto con loro.

Quindi in un primo tempo tale esigenza, nel senso inteso dai genitori, si riferisce e si limita alla ristretta cerchia della famiglia. Bisogna osservare inoltre che il rapporto che si esprime in questa esigenza non è senz’altro reversibile.

La veracità del bambino verso i genitori è essenzialmente diversa da quella dei genitori verso dì lui.

Mentre la vita del piccolo bambino è interamente aperta dinanzi ai genitori e la sua parola deve svelare tutto ciò che è nascosto e segreto, non è pensabile il caso inverso. Riguardo alla veracità, l’esigenza dei genitori verso il bambino è diversa da quella del bambino verso di loro.

Se ne deduce subito che “dire la verità” ha un significato diverso secondo le rispettive posizioni.

Bisogna tener conto dei rapporti che esistono in ogni singolo caso.

Bisogna domandarsi se e in che modo un uomo ha diritto di esigere da un altro un discorso veritiero.

Come il linguaggio usato tra genitori e figli è per natura diverso da quello tra marito e moglie, tra due amici, tra maestro e scolaro, tra autorità e suddito o tra nemici, così pure la verità contenuta in quelle parole è, di volta in volta, diversa.

“Dire la verità” non è dunque soltanto una questione di atteggiamento personale, ma anche di esatta valutazione e di seria riflessione sulla situazione reale.

Quanto più varie sono le condizioni di vita di un uomo, tanto maggiore sarà per lui la responsabilità e la difficoltà di “dire la verità”.

Il bambino, che ha un solo rapporto nella vita, quello con i genitori, non ha ancora nulla da considerare e da valutare.

Ma la successiva cerchia di persone in cui la vita lo pone, la scuola, gli crea le prime difficoltà.

È dunque estremamente importante dal punto di vista pedagogico, che i genitori facciano comprendere al bambino (non è il caso di specificare qui in che modo) la differenza che c’è tra queste diverse cerchie e, quindi, tra le sue responsabilità. Bisogna dunque imparare a dire la verità.



Bisogna, dunque, imparare a dire la verità, sante parole.

La mia malattia va avanti da circa cinque anni, con alti e bassi.
Due anni fa pensavo veramente di essere guarita.

Invece l’anno scorso, dopo un periodo di problemi familiari, di lavoro e di vita frenetica, sono ricaduta nel mio tunnel e, questa volta, in maniera molto pesante.

Sappiamo tutti cosa significa soffrire di attacchi di panico:
siamo annientati in tutto e per tutto.

Fino a quel momento non avevo mai avuto la necessità di raccontare al mio piccolo cosa avessi e di cosa soffrissi, perché la mia vita potevo gestirla tranquillamente e, quando stavo male, facevo di tutto per non fargli vedere né capire niente.

L’anno scorso, però, è stato diverso, completamente diverso. Quasi un anno passato a casa, senza poter fare davvero nulla.

Ancora non mi decidevo a dirgli qualcosa, sempre per la solita fissazione: “Lui è piccolo; come posso pretendere che capisca la mia malattia, quando, nemmeno alcuni adulti la capiscono?

Lo devo proteggere, lui non merita di soffrire!”

Sono andata avanti così per un bel po’ di tempo, regalandogli delle belle delusioni. Ogni volta che provavo a sforzarmi di fare qualcosa con lui o per lui, “FALLIVO” e per Andrea erano pianti disperati, perché la sua mamma non poteva uscire con lui, portarlo alle giostre, al mare, agli acqua- scivoli. ... ed io tornavo a casa sempre più distrutta.

Questa cosa mi stava logorando.

Provavo con tutte le mie forze a nascondere i miei disagi, le mie paure, i miei attacchi, ogni volta che andavo con lui.
Era tutto inutile; non ero ancora pronta a fare determinate cose ed ogni volta fallivo, fallivo, e fallivo.
Un giorno (da premettere, senza nemmeno chiedere consiglio al mio dottore, perché la convinzione di potercela fare era fortissima) abbiamo deciso di andare all’Acqua Park.

Noi genitori, a volte, per proteggere i nostri figli, oppure perché siamo convinti che loro non possano capire determinate cose, tendiamo a nascondere loro la verità o, addirittura, inventiamo bugie, pur di tranquillizzarli.

Tutto questo solo per proteggerli.

A volte, non ci rendiamo conto che la cosa più brutta che si possa fare con un bambino è mentire o raccontare una bugia, perché loro percepiscono tutto, comprendono tutto, ed hanno la mente che va oltre e, quindi, cosa può succedere raccontando loro una bugia?

Riusciamo solo a confondere le loro idee, i loro pensieri e si crea nella loro testa tutto un mondo loro, con già delle risposte, il più delle volte sbagliate.

Così è successo con il mio piccolo, quando ero in piena malattia. Ho un bimbo meraviglioso, Andrea; da poco ha dieci anni.

Arrivati a destinazione, al momento di fare i biglietti, con una coda immensa per entrare, come poteva non arrivare un attacco di panico?

Eccolo lì, pronto, preciso, deciso a rovinarmi tutto!

A quel punto, nonostante la mia forza di volontà e le mie gocce, non c’è stato nulla da fare!

Ho dovuto rinunciare e dire per l’ennesima volta a mio figlio:
“Amore, la mamma non ce la fa ad entrare, non si sente un granché bene. Dobbiamo tornare a casa”.

Lì, il pianto disperato.

Ha pianto per tutto il tragitto per tornare a casa, piangeva come non l’avevo mai visto.

Che ne dite, forse anche lui era stanco di quella situazione?

Logicamente, senza sapere cosa avesse effettivamente la sua mamma, per non poter riuscire a fare nulla.

Tornati a casa, mentre lui ancora piangeva disperato, l’ho preso per mano e ci siamo seduti sul divano.

Gli ho detto:
“Ora la mamma ti deve parlare.
Tu sei il mio ometto e sono sicura che capirai perfettamente tutto!”

Credetemi, non sono mai stata lucida così come in quel momento.

Gli ho chiesto di smettere di piangere e di ascoltarmi senza dire niente.

Poi avrei risposto a tutte le sue domande.

“Sai, amore mio, la mamma soffre di una malattia che si chiama “attacco di panico”. Innanzitutto devi stare tranquillo, perché con questa malattia la mamma non muore.
Le succede all’improvviso, specialmente quando si trova in posti affollati di persone. Inizio ad avere il cuore a 1000, i miei muscoli iniziano a tremare, il mio respiro si fa sempre più affannato; non vedo bene, la testa è confusa.
Non riesco a controllare tutto questo.
Tesoro, non dura molto, ma ti assicuro che è una sensazione incontrollabile e, credimi, bruttissima.
Ecco perché la tua mamma non guida più, non va più al lavoro, non esce più, non può più fare niente.
La tua mamma si sta curando con un bravo dottore e con delle medicine e, presto, tutto questo sarà finito.
Vedrai che tornerò ad essere quella di prima; anzi, ti assicuro che sarò la mamma “più meravigliosa del mondo!”

Ecco le mie parole, dette a mio figlio nella maniera più semplice possibile, in quel fatidico giorno.

Lui, guardandomi e singhiozzando, mi ha risposto:

“Mamma, io pensavo che ti sentissi male quando fumavi. Se veramente ti capitano tutte queste cose brutte, perché gli altri si arrabbiano con te e non capiscono?
Ok, mamma, ora ho capito.
Non piangerò più e, quando sarai guarita, faremo tantissime cose insieme”.

Un bambino che crede che la sua mamma si senta male solo se fuma? Cosa poteva passare nella sua testa?

Ecco cosa significa, non dichiarare la verità ai propri figli.

Ora mio figlio sa tutto e, forse, anche più di qualche adulto.

Sa cosa significa un attacco di panico, cos’è il DAP, segue il mio gruppo, la pagina su Face book; ha visto il mio video, dove raccontavo la mia vita dentro il DAP, fatto quando stavo notevolmente meglio.

Io avevo timore nel farglielo vedere, ma lui ha insistito molto.

Alla fine del video mi sono girata verso di lui: aveva le lacrime agli occhi. Io, quasi preoccupata, gli ho chiesto: “Amore, perché piangi?”

Lui: “Mamma, sono lacrime di gioia, perché tu sei guarita”.

Scusatemi per il mio racconto così lungo!

Volevo solo dirvi di non fare mai lo stesso mio errore, quello di aspettare troppo tempo.
Parlate subito chiaramente ai vostri figli, dite loro la verità con parole semplici, l’importante è che sia la pura verità!
Vi assicuro che loro capiscono molto più e meglio di noi e ci danno la forza per guarire.

Loro sono tutta la nostra vita!

Elisabetta 

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