mercoledì 6 marzo 2019

Il colore rispecchia lo stato d’animo l’allegria è gialla, la depressione grigia


"Feelin' blue"? Sbagliato, se siete depressi il vostro colore è il grigio mentre se vi sentite allegri il giallo. Uno studio pubblicato sulla rivista BMC Medical Research Methodology prova che i colori che scegliamo possono essere uno specchio del nostro umore. Le nostre emozioni sarebbero insomma "colorate" e ci sarebbe un preciso legame tra il nostro stato mentale e le possibilità offerte dalla scala cromatica.


L'indagine è stata condotta da Peter Whorwell della University Hospital South Manchester: "Studiare i colori è un modo come un altro per misurare i livelli di ansia e depressione, che prescinde però dal linguaggio". Un metodo di analisi più istintivo insomma, perché basato su associazioni mentali immediate: ecco perché gli scienziati sottolineano l'utilità di questo sistema per diagnosticare patologie in bambini e pazienti che hanno difficoltà a comunicare. 

L'associazione tra colori e stato d'animo fa parte da sempre del nostro patrimonio culturale, tanto che per riferirci agli stati emotivi spesso usiamo i colori: essere verde d'invidia o nero di rabbia sono modi di dire che mescolano saggezza popolare e verità scientifica ed è proprio per indagare quest'ultimo aspetto che i ricercatori inglesi si sono messi a studiare la ruota dei colori, prendendo in esame individui in parte sani e in parte depressi o con problemi di ansia. 

Gli scienziati hanno messo 105 adulti sani, 110 ansiosi e 108 depressi di fronte a una scala cromatica composta da 38 opzioni e basata su rosso, arancione, verde, porpora, blu, giallo, rosa, marrone, nero, bianco e grigio. I colori sono stati distribuiti su una ruota e ad ogni persona è stato chiesto di indicare di che tonalità vedesse il proprio stato mentale più ricorrente. I depressi hanno scelto una scala di grigi, le persone sane una di gialli. Tra i colori freddi più gettonati il "blu 27", leggermente più scuro di quello tradizionale, mentre il "giallo 14" ha spopolato tra coloro che non hanno particolari problemi umorali. 

Nella seconda parte dello studio è stato chiesto a 204 volontari sani di suddividere i colori in positivi, negativi e neutrali, e di indicare quelli preferiti. Solo il 39% di loro ha associato il proprio umore a un colore e il 20% di quelli che lo hanno fatto ha optato - ancora una volta - per il "giallo 14". Solo il 10% delle persone sane ha descritto col grigio il proprio umore, e questo secondo gli studiosi dipende dal fatto che il nostro cervello associa istantaneamente lo stato a un settore della scala cromatica, comunicando con l'esterno attraverso i colori. 

"Ciò che è davvero interessante - ha spiegato Whorwell - è che pur avendo sempre associato le tonalità al nostro umore, uno studio vero e proprio su questo rapporto non è stato mai fatto". Lo scienziato ha anche ricordato l'importanza delle sfumature: un blu luminoso ad esempio indica una scelta molto diversa rispetto al blu scuro. "Attualmente sto lavorando su pazienti con la sindrome dell'intestino irritabile, quindi molto ansiosi. Spero che la ruota dei colori possa servire per capire la loro risposta ai trattamenti psicologici: ci sono dei casi in cui le parole non servono e i metodi non-verbali sono più efficaci". Con i colori si potrebbero insomma, secondo lo studioso, curare molti tipi di malattie."Abbiamo in mano un nuovo strumento di gioco e di ricerca - conclude Whorwell - tutto sta ora a scovarne le infinite possibilità di applicazione". 

La cromoterapia tuttavia esiste già ed è una medicina alternativa che fa uso dei colori per curare le malattie. Il loro utilizzo è normalmente regolato da principi analoghi a quelli che ci portano a scegliere il colore di un abito o la tinta delle pareti di casa, in modo da favorire o contrastare un certo stato d'animo. Secondo questo tipo di medicina, i colori aiuterebbero il corpo e la psiche a ritrovare il naturale equilibrio e avrebbero effetti fisici e psichici in grado di stimolare il corpo e calmare i suoi disturbi. Nessuna pratica cromoterapica però ha mai superato uno studio clinico controllato, che consenta cioè di verificarne l'effettiva efficacia, e spesso gli episodi di guarigione sono stati associati all'effetto placebo.

Dal Sito: repubblica.it 

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