venerdì 22 marzo 2019

La medicina chiamata “respiro”

Valutare la qualità del proprio respiro non è facile, anche se averne consapevolezza è importante per capire il nostro grado di benessere. Respirare bene vuol dire anche essere in armonia con sé stessi, ascoltare il proprio corpo ed avere un certo grado di rilassamento che aiuta l’ossigenazione dei tessuti. Nonostante ciò, la respirazione resta una funzione autonoma del nostro organismo: grazie al sistema neurologico infatti, ciascuno ha dentro di sé il giusto ritmo per respirare, senza pensare di doverlo fare.

La scienza del respiro si basa su fondamenta piuttosto antiche. Secoli di saggezza ci insegnano a prestare maggiore attenzione alla nostra respirazione, la più fondamentale delle cose che facciamo ogni giorno. Eppure, forse proprio perché la respirazione è così basilare, è anche facile da dare per scontata. E’ frequente il caso di allievi che riferiscono una percezione fastidiosa del proprio modo di respirare. Il primo passo per poter meglio affrontare un disagio respiratorio, quando insorge, consiste nel ridurre l’ansia generata dal respiro fastidioso imparando, con l’aiuto di un trainer in grado di seguire l’allievo, a prendere “contatto” con il proprio respiro anomalo. E’ questo il modo migliore per iniziare a gestire al meglio la situazione, consentendo al soggetto di cambiare rapidamente le cose nel momento in cui inizi ad accusare fatica a respirare. Il secondo passo, poi, consiste nel far provare da subito la possibilità di controllare rapidamente la dispnea nel momento in cui insorge, attraverso tutta una serie di automatismi che il paziente può acquisire (rilassamento muscolare, respirazione lenta controllata, ecc.). Con il terzo momento, infine, si porta il soggetto a gestire il suo problema (la dispnea) con minor disagio, riconducendo la sua difficoltà respiratoria entro i termini di un problema affrontabile e risolvibile attraverso una semplice serie di esercizi respiratori (rimodellamento del pattern respiratorio attraverso esercizi respiratori).

Da secoli si sostiene che il controllo della respirazione può calmare il cervello, ma solo recentemente la scienza ha iniziato a scoprire come funziona. Uno studio del 2016 si è imbattuto casualmente sul circuito neurale nel tronco cerebrale che sembra svolgere il ruolo chiave nella connessione del controllo del respiro-cervello. Il circuito fa parte di quello che è stato definito il “pacemaker respiratorio” del cervello perché può essere regolato alterando il ritmo respiratorio (la respirazione lenta e controllata diminuisce l’attività nel circuito, la respirazione veloce e irregolare aumenta l’attività), che a sua volta influenza gli stati emotivi. Controllare la respirazione contando il respiro influenza “le oscillazioni neuronali in tutto il cervello”, in particolare nelle regioni del cervello correlate all’emozione.

Il ritmo naturale è 12 respiri al minuto: respirazioni profonde in cui inspiriamo dal naso ed espiriamo lentamente dalla bocca, questo consente di ossigenare bene il cervello”. È importante sottolineare come possa esserci un legame tra uno stato di ansia e la cattiva respirazione, perché non è facile mantenere la calma se si ha l’impressione che manchi il respiro o se si fa fatica a respirare come di consueto. In generale, praticare yoga, pilates, tai chi o arti marziali è particolarmente indicato per chi ha problemi respiratori o per chi ha una forte emotività che alterano il ritmo del respiro, perché queste discipline permettono di prendere maggior consapevolezza del proprio respiro e lavorare così un un’efficace respirazione”.

Dal Sito: andrialive.it

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