Il momento che stiamo vivendo è stato definito la nuova età dell’ansia. Una percezione che sembra trovare conferma anche nei dati statistici: nella sola Italia, 2,5 milioni di persone convivono con questo disturbo (ISTAT 2017) che colpisce in misura maggiore le donne e i giovani sotto i 35 anni. Il resto del mondo non sembra cavarsela molto meglio, almeno a giudicare dalla quantità di riflessioni sull’argomento. Siamo noi ad essere diventati troppo fragili o è il mondo che abitiamo a farci sentire così stressati?
L’aumento dell’ansia potrebbe essere il normale esito di una società basata sulla competizione costante, con una forte pressione individuale sul successo nonostante i limiti posti dalla crisi economica e un sovraccarico di informazioni che non abbiamo ancora imparato a gestire.
Gli effetti collaterali della tecnologia
Il poeta W.H. Auden aveva definito “età dell’ansia” il periodo immediatamente successivo alla Seconda guerra mondiale, descrivendola come un’epoca di vuoto spirituale e terribile solitudine. Se gli americani del dopoguerra soffrivano di un senso di isolamento, il nostro problema è opposto: siamo costantemente interconnessi. La tecnologia si è evoluta molto velocemente, mettendo a dura prova i nostri tempi di reazione. Rischiamo di essere sopraffatti dalla quantità di notizie a nostra disposizione, che ci raccontano non solo tutto quello che succede ma anche quello che potrebbe succedere, non lasciandoci tempo a sufficienza per assimilare un evento o un’informazione.
Una percezione distorta delle distanze
Per di più, abbiamo la sensazione che il mondo si sia ristretto: non solo perché i tempi di viaggio si sono ridotti, ma anche perché la distanza fisica ai tempi di Internet è diventata quasi irrilevante. Le persone lavorano, chiacchierano, litigano e formano reti di sostegno a distanza di migliaia di chilometri.
Un cambiamento che può essere meraviglioso ma anche fare paura, soprattutto quando diventa faticoso distanziarsi emotivamente da tutto quello che succede là fuori.
Come facciamo a rallentare?
In Vita su un pianeta nervoso (Edizioni e/o), lo scrittore inglese Matt Haig racconta il suo percorso per imparare a gestire tutti questi stimoli senza esserne travolto. Le sue “idee semplici per un nuovo inizio” sono davvero alla portata di tutti.
Esercitare la consapevolezza. Diventare consapevoli del tempo che passiamo con in mano lo smartphone, o dell’effetto delle notizie sul nostro umore, è un primo passo per capire quando abbiamo bisogno di prenderci una pausa dal “sistema nervoso mondiale”.
Concentrarsi sulla completezza. Evitare i paragoni continui e smettere di pensare a ciò che ci manca per essere perfetti.
Ricordare che il mondo ha una realtà oggettiva, mentre il nostro mondo è soggettivo.
Tenere a mente che meno è meglio. Semplificarsi la vita eliminando il superfluo ci aiuta a dormire di più e a fare sonni più tranquilli.
Sapere cosa è importante. In realtà, ci spiega Haig, lo sappiamo già: è quello di cui sentiremmo la mancanza se non ci fosse più. “Persone, luoghi, libri, cibi, esperienze, quello che è”. E se per poterne godere dobbiamo liberarci di qualcos’altro, ci farà solo sentire più leggeri.
Dal sito: silhouettedonna.it
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