La rapida diffusione del Covid-19 ha attirato l’attenzione dell’intera popolazione mondiale divenendo in poco tempo un’emergenza pubblica d’interesse internazionale. Sebbene attualmente il focus principale verta sui sintomi fisiologici, è necessario non trascurare la dimensione psicologica.
Alcuni lavori hanno infatti sottolineato i possibili effetti che tale fenomeno sta causando a livello psicopatologico, definendo come il lockdown e il distanziamento socialesiano due variabili estremamente importanti alla base dell’insorgenza o dell’aggravamento di sintomi psicologici.
Attualmente sono ancora pochi gli studi epidemiologici che delineano tale aspetto; tuttavia, considerando precedenti pandemie ed emergenze sanitarie, è possibile ipotizzare che nei prossimi mesi si possa assistere ad un aggravamento sintomatologico in persone che erano già affette da disturbi psicopatologici insorti precedentemente la diffusione del Covid-19 e ad un aumento del numero di persone affette da disturbi psicologici insorti durante il coronavirus.
Tra i disturbi che risultano essere principalmente implicati vi sono: il disturbo post-traumatico da stress (PTSD), i disturbi d’ansia (dove la fobia sociale e l’ipocondria fanno da apripista) e i disturbi dell’umore (tra cui depressione maggiore e disturbi bipolari).
I sintomi più comuni includono: pensieri intrusivi e persistenti incentrati su eventi vissuti e/o osservati sui mass media, disturbi del sonno, difficoltà nella concentrazione e nella memorizzazione, iper-vigilanza e ipereccitazione, scoppi d’ira, perdita della motivazione, disregolazione dell’umore, evitamento di attività lavorative e luoghi, intorpidimento e abuso di sostanze nei casi più estremi.
In questo articolo vogliamo focalizzare l’attenzione su disturbi come ansia e depressione, in quanto estremamente diffusi in periodo pre-covid e quindi destinati ad aumentare esponenzialmente durante e post-covid.
Secondo quanto riportato dall’organizzazione mondiale della sanità (OMS) nel 2015 circa 300 milioni di persone in tutto il mondo erano affette da depressione e oltre il 21% della popolazione nel lifetime ha avuto sintomi depressivi. Allo stesso modo uno stesso numero di persone mostrava sintomi d’ansia.
A questi dati vanno inoltre aggiunte le problematiche correlate e le forme subcliniche, senza trascurare i costi che comportano per la sanità pubblica e l’impatto familiare e sociale. In aggiunta, ansia e depressione correlano con tentativi di suicidio, che contano circa 800.000 decessi l’anno.
Per queste ragioni risulta necessario intervenire in modo tempestivo con il fine di prevenire e curare sintomi depressivi ed ansiosi che possono essere insorti o aggravati dal Covid-19. Tra le tecniche d’intervento che negli ultimi anni stanno dimostrando risultati promettenti vi sono le pratiche meditative basate sulla Mindfulness.
Per Mindfulness si intende una naturale capacità della mente umana che può essere definita come consapevolezza dei propri stati interni. Essa è caratterizzata da uno stato di attenzione focalizzata (ovvero orientata verso uno specifico evento interno: come il pensiero, una parte del corpo o il respiro), rivolta al momento presente (che guarda all’esperienza che si sta vivendo nel qui ed ora) e non categorizzante (privo di catalogazioni e giudizi abituali).
In questo modo l’individuo che pratica Mindfulness acquisisce un maggiore controllo dell’attenzione, una migliore regolazione emotiva e auto-consapevolezza, quindi una nuova modalità di gestione del distress psicologico.
La pratica meditativa basata sulla Mindfulness richiede il raggiungimento di uno stato di calma e inattività comportamentale, da praticare solitamente in posizione seduta con gli occhi chiusi, in cui il soggetto adotta un tipo di concentrazione diretta ai contenuti che si presentano alla mente, tentando di mantenere un’attenzione focalizzata quando quest’ultima inizia a vagare, per mezzo di un’esplorazione attiva e curiosa.
Il soggetto diventa quindi una specie di spettatore di ciò che accade dentro al proprio corpo, delle sensazioni, dei pensieri e delle emozioni (per approfondimenti, i protocolli clinici più diffusi sono: Dialectical Behavior Therapy (DBT), Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR), Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT) e l’Acceptance and commitment therapy (ACT).
L’impiego delle pratiche Mindfulness nei disturbi d’ansia e dell’umore ha ottenuto numerosi riscontri scientifici negli ultimi anni, trovando conferme anche in ambito clinico. Secondo una recente review di Rodrigues (2017), nella quale sono stati inclusi 16 studi, è stato dimostrato che la meditazione basata sulla consapevolezza è una strategia efficace per il trattamento dei disturbi dell’umore e dell’ansia.
Per queste ragioni riteniamo opportuno che tali pratiche vengano implementate in periodo peri-covid e post-covid per una prevenzione e cura di sintomi psicopatologici.
Il loro impiego è infatti estremamente flessibile in quanto, grazie all’estrema semplicità di applicazione, possono essere praticate da chiunque in qualsiasi momento, in quanto svincolate dalla cultura e dal contesto religioso, da stili cognitivi individuali e status sociale.
Esse potrebbero divenire uno strumento utile in ambito scolastico per l’acquisizione di strategie di coping e resilienza per una miglior gestione dello stress indotto dal coronavirus. Ma anche nella vita quotidiana in popolazioni adulte, in ambito geriatrico e gerontologico, così come in popolazioni a rischio (persone affette da patologie o vittime di violenza).
Infine, tali approcci trovano terreno fertile anche come supporto in ambito clinico ai caregivers, dove i correlati della patologia della persona cara implicano in certi casi un carico allostatico eccessivamente elevato. Inoltre, possono rivelarsi di aiuto anche al personale sanitario, oggi più che mai sottoposto a rischio di burnout.
Dal Sito: brainfactor.it
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