Inoltre, secondo un altro studio (2) effettuato su popolazioni di sei differenti paesi (Belgio, Francia, Germania, Italia, Olanda, Spagna), i disturbi d’ansia subentrano sin da giovani. Infatti, la percentuale più elevata (11,9%) di individui che ne soffrono almeno una volta nella vita hanno un’età compresa tra i 18 ed i 24 anni, contro il 5,3% riscontrato nei soggetti over 65.
L’ansia ha, tra l’alto, i un impatto notevole sullo stile di vita delle persone che ne soffrono, anche e soprattutto in termini lavorativi: individui che soffrono di DAG perdono in media 25 giorni lavorativi (più di chi soffre di depressione maggiore); chi soffre di attacchi di panico ne perde 25; individui agorafobici arrivano a perderne ben 32 in media!
Il termine disturbo ansioso si riferisce ad una serie di disturbi che condividono caratteristiche di paura e agitazione eccessive e i disturbi comportamentali correlati. Mentre la paura è una risposta fisica ed emotiva ad una minaccia imminente, l’ansia è l’anticipazione di un’eventuale minaccia futura e, differentemente dalla prima, è caratterizzata da un’eccitazione prolungata,
vigilanza ed apprensione; un ampio corpus di prove (3) suggerisce che i meccanismi centrali alla base dei meccanismi di paura ed ansia sono simili sia nell’uomo che negli animali e sono mediati da processi neuronali sovrapposti.
Tuttavia, ad oggi, il meccanismo alla base dell’insorgenza del disturbo ansioso non è del tutto noto. Tra i sintomi che si manifestano più frequentemente nel disturbo ansioso troviamo:
Irrequietezza
Tensione muscolare
Disturbi del sonno
Sensazione di apprensione
Disturbi dell’umore
Problemi di natura gastrointestinale
In base a quanto riportato dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) (3), pubblicato dall’American Psychiatric Association, i disturbi d’ansia possono essere di varia natura:
disturbo d’ansia di separazione:diffuso prevalentemente nei bambini, si sviluppa quando l’infante si ritrova a doversi separare da una figura di riferimento, come può essere un genitore.
mutismo selettivo: anch’esso più comune nei bambini; si sviluppa quando il soggetto manifesta difficoltà parlare con determinate figure o in situazioni specifiche, mantenendo, invece, un atteggiamento normale in presenza di coetanei o in circostanze ludiche.
fobia specifica: paura di specifiche condizioni (Belonefobia, aracnofobia, claustrofobia etc.)
fobia sociale: sintomatologia ansiosa che si manifesta in condizioni sociali che mettono sotto pressione il soggetto, come una cena con persone che poco si conoscono, o quando si deve parlare in pubblico.
disturbi di panico: forse lo stato ansioso più comune, caratterizzato da un insieme di sensazioni fisiche molto intense (vertigini, fame d’aria, iperventilazione, tachicardia, parestesie), associato a sgradevoli sintomi psichici (paura di morire, timore di perdere il controllo).
ansia indotta da sostanze/farmaci: anestetici, analgesici, broncodilatatori, litio, corticosteroidi, antidepressivi, antibiotici, possono essere artefici dell’insorgenza di problematiche di natura ansiosa; stesso discorso vale per intossicazione da sostanze (alcool, cocaina, amfetamine, cannabis, caffeina) o condizioni di astinenza (alcol, cocaina, ansiolitici, ipnotici, sedativi).
agorafobia: paura di rimanere in luoghi dai quali risulta difficile fuggire o spazi aperti.
disturbo d’ansia generalizzata (DAG): l’individuo è in un costante stato di allarme, ma non è in grado di definire la motivazione che gli crea questo disagio.
disturbo d’ansia associato ad una condizione medica concomitante
Terapia comportamentale
Normalmente, quando si è in ansia, il respiro è accelerato, più frequente e profondo. Questa alterazione determina una serie di sintomi che prendono il nome di sindrome da iperventilazione, la quale acuisce i sintomi dell’ansia stessa.
Il primo rimedio (4), messo in atto per far fronte alla problematica sopracitata, consiste in un esercizio di natura comportamentale, la tecnica del respiro lento:
Inspirare, trattenere il fiato e contare mentalmente fino a 10; non gonfiare il torace, non fare un respiro troppo profondo.
Espirare e cominciare a respirare con un ritmo di 6 secondi: tre secondi per espirare e tre per inspirare.
Dopo una serie di 10 respiri di 6 secondi l’uno, inspirare normalmente e trattenere il fiato contando fino a dieci
Espirare e ricominciare dal secondo punto.
Terapia farmacologica
Ad ogni modo, la maggior parte dei disturbi ansiosi, viene approcciata mediante l’impiego di psicofarmaci, in particolar modo le benzodiazepineche rappresentano la terapia di elezione per la sindrome ansiosa.
Va detto, comunque, che non si rivela sempre un rimedio vincente, dato che esse vanno ad agire soltanto sulla componente sintomatologica, avendo tra l’altro, un impatto momentaneo. Inoltre, le benzodiazepine si caratterizzano per un potenziale rischio di abuso, oltre ad un’induzione di alterazioni della sfera comportamentale ed affettiva. L’uso di tali farmaci, oltretutto, è cronico, quindi un impiego prolungato determina una perdita di efficacia nel corso del tempo del principio attivo, con aumento della dose (e tutti gli eventi avversi che ne derivano) richiesta per avere un impatto farmacologico rilevante.
Esistono poi, farmaci antidepressivi, come gli SSRI e SNRI, rispettivamente inibitori della ricaptazione della serotonina e della ricaptazione di serotonina ed adrenalina, che aumentano i livelli neurali di tali neurotrasmettitori, incidendo positivamente sui disturbi legati alla sfera comportamentale.
I più impiegati per il disturbo d’ansia sono:
duloxetina: disturbo d’ansia generalizzata
venlafaxina: trattamento a lungo termine dell’ansia
sertralina: disturbo ossessivo/compulsivo, agorafobia, disturbo post-traumatico da stress
clomipramina: disturbo ossessivo/compulsivo, disturbo di panico, fobie
escitalopram: disturbo di panico, fobie sociali
Sono state pubblicate appositamente delle linee guida per il disturbo ansioso, le cosiddette CANMAT 2014. Tali dati supportano la terapia cognitivo comportamentale (CBT) da sola, o in associazione con farmaci, come terapia di prima linea nei pazienti affetti da ansia.
Risulta evidente, comunque, che i benefici ottenuti con la CBT, qualora risultasse funzionante nel trattamento dell’ansia, sembrano persistere molto più a lungo (1-5 anni di follow up) di quelli derivanti dalla singola farmacoterapia.
Approccio fitoterapico
La fitoterapia può essere consigliata soprattutto nei casi di ansia lieve.
Tra i fitocomplessi maggiormente impiegati meritano particolare attenzione:
passiflora: oltre a ridurre l’ansia, favorisce il sonno; esercita, inoltre un’azione carminativa e spasmolitica, quindi, specifica per quei disturbi d’ansia a cui va ad aggiungersi una sintomatologia di carattere gastrointestinale.
melissa: come la passiflora, esercita un’azione antispastica sulla muscolatura liscia gastrointestinale.
valeriana: gli studi inerenti a questo fitoterapico trovano impiego principalmente negli stati di tensione moderata associata a difficoltà nell’addormentamento, sfruttando le sue proprietà ipnoinducenti.
olio essenziale di lavanda: L’olio essenziale di lavanda, contiene linalolo ed acetato di linalile, i quali hanno un ruolo fondamentale nella riduzione a livello delle sinapsi nervose dello ione calcio, coinvolto nel processo dell’eccitazione e quindi, coinvolto nella patogenesi dell’ansia. La lavandula ha esercitato un miglioramento notevole nella qualità del sonno in quei pazienti che sono stati trattati con una classica benzodiazepina (Kasper S et al.)
Abbiamo visto, quindi, come esistono diversi approcci (farmacologico, comportamentale, fitoterapico) al trattamento del disturbo ansioso; è opportuno però tenere sempre presente che nessun trattamento è completamente scevro di effetti collaterali e perciò, è opportuno valutare quello più calzante per il singolo paziente, tenendo conto sia dell’entità del disturbo da curare, sia della storia clinica dell’individuo stesso.
Un approccio che sta prendendo sempre più corpo nel trattamento dell’ansia è la terapia metacognitiva(TMI), ovvero una terapia comportamentale, basata su un processo di autoanalisi, attraverso la quale il paziente è indotto ad esplorare una serie di ricordi e, ripercorrendoli, si riesce a ricostruire il modo in cui egli pensa, vive determinate emozioni e si interfaccia col prossimo. Grazie alla consapevolezza di questi schemi mentali, il soggetto è grado non soltanto di comprende la radice della propria sofferenza, bensì prende atto degli schemi mentali alla base del suo disagio e “manipolandoli”, dovrebbe essere in grado di minimizzarlo, se non addirittura sopprimerlo.
Uno studio effettuato nel 2016 (8) proprio su soggetti ansiosi affetti da disturbo della personalità e trattati con TMI hanno riportato cambiamento affidabili in termini sintomatologici e sul piano della regolazione emotiva; inoltre, i soggetti trattati hanno mantenuto un buon grado di controllo sul disturbo ansioso anche al termine della terapia guidata.
Dal Sito: politicamentecorretto.com
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