giovedì 9 luglio 2020

Teoria della perdita di vigilanza e caratteristiche di chi soffre di attacchi di panico notturni



Chi soffre di attacchi di panico notturni sembrerebbe avere maggior intolleranza all’incertezza e timore che nella notte possa accadere un evento imprevisto.

Più della metà di chi soffre di disturbo di panico sperimenta anche attacchi di panico (AP) notturni (Smith, 2019).

Il DSM-5 classifica gli attacchi di panico notturni entro la più ampia categoria degli attacchi di panico inaspettati, che cioè si verificano indipendentemente da fattori situazionali scatenanti (APA, 2013). Gli attacchi di panico notturni presentano gli stessi sintomi di quelli diurni, ma avvengono nella fase di passaggio dal sonno più leggero a quello più profondo (Craske & Rowe, 1997). Ciò significa che chi sperimenta attacchi di panico notturni si sveglia nel mezzo di un attacco di panico (Craske & Rowe, 1997).

Soffrire di panico notturno può comportare la tendenza a evitare l’addormentamento, per timore di svegliarsi in uno stato di panico. Pertanto, alcune conseguenze degli attacchi di panico notturni sono l’insonnia e la deprivazione di sonno (Craske & Tsao, 2005). Diverse possibilità sono state esplorate per comprendere cosa differenzi chi ha solo attacchi di panico diurni da chi li prova anche nel sonno. Secondo la teoria della paura di perdita di vigilanza (the fear of loss of vigilance theory; Tsao & Craske, 2003), chi soffre di panico notturno teme le situazioni in cui si riduce l’attenzione prestata agli stimoli circostanti, come negli stati di ipnosi, nei momenti di relax e, appunto, durante il sonno. Infatti, in tali situazioni può essere più difficile proteggersi da eventuali minacce.

Smith, Albanese, Schmidt e Capron (2019) hanno espanso la teoria della paura di perdita di vigilanza, cercando di delineare ulteriormente quali caratteristiche siano specifiche di chi ha attacchi di panico notturni. Gli autori hanno ipotizzato che le persone che soffrono di AP notturni manifestino maggior intolleranza dell’incertezza, cioè facciano più fatica a sostenere situazioni imprevedibili e incerte. Questo perché avrebbero più timore che durante la notte possa accadere un evento imprevisto, come un attacco cardiaco o un disastro naturale, a cui non sarebbero pronte a reagire.

Inoltre, chi soffre di panico notturno potrebbe avere una maggior tendenza a sentirsi responsabile di causare del male, tendenza che può anche essere intesa come incapacità di prevenire un danno. Quindi potrebbe avere maggior timore di non essere in grado di proteggersi da eventuali minacce durante il sonno.

Infine, una maggior sensibilità all’ansia, in particolare rispetto alla tendenza a interpretare sensazioni corporee sgradevoli come più pericolose di quanto siano, potrebbe essere peculiare di chi ha attacchi di panico notturni.

Per verificare queste ipotesi, Smith e colleghi (2019) hanno condotto uno studio su un campione di individui di età compresa tra i 18 e i 79 anni. Il campione è stato diviso in tre gruppi: persone con attacchi di panico sia notturni che diurni, persone con attacchi di panico solo diurni e controlli, cioè persone senza attacchi di panico.

I partecipanti hanno completato dei questionari self-report rispetto alle tre dimensioni prima citate: intolleranza all’incertezza (Intolerance of uncertainty scale, IUS-12; Carleton et al., 2007); responsabilità di causare del male (sottoscala ‘responsabilità di causare del male’ della Dimensional Obsessive Compulsive Scale, DOCS; Abramowitz et al., 2010) e sensibilità all’ansia (Anxiety sensitivity index-3, ASI-3; Taylor et al., 2007).

I risultati indicano che sia chi soffre di attacchi di panico esclusivamente diurni, sia chi soffre di attacchi di panico anche notturni, ha ugualmente timore delle situazioni di incertezza. Tuttavia, in aggiunta a questo, chi soffre di attacchi di panico notturni si sente anche meno capace di agire in situazioni imprevedibili.

Inoltre chi soffre di attacchi di panico notturni teme maggiormente di essere incapace di prevenire eventi dannosi e quindi di proteggersi dalle loro spiacevoli conseguenze. Un’ipotesi che la ricerca futura potrebbe testare è che la preoccupazione di non aver fatto il possibile per proteggersi sia connessa all’ipervigilanza notturna. L’ipervigilanza notturna infatti si traduce in comportamenti come dormire con le luci accese o assicurarsi ripetutamente che porte e finestre siano chiuse prima di andare a letto.

Un dato curioso è che chi soffre di attacchi di panico notturni risulta essere più sensibile all’ansia, ma non rispetto alle sensazioni corporee come ipotizzato, bensì rispetto alla componente sociale. Ossia, chi ha attacchi di panico notturni sembra preoccuparsi di più del giudizio o rifiuto altrui. Ciò potrebbe significare che chi ha attacchi di panico notturni teme che una persona con cui dorme possa notare e giudicare negativamente le proprie difficoltà legate al sonno. Un’altra possibilità, che andrebbe ulteriormente studiata, è che chi sperimenta attacchi di panico notturni abbia anche problematiche di ansia sociale.

Oltre a supportare la teoria della perdita di vigilanza, i risultati di questo studio forniscono un contributo allo sviluppo di trattamenti per intervenire sugli attacchi di panico notturni. Ad esempio, lavorare sul timore di essere incapaci di reagire in situazioni di minaccia inaspettate potrebbe rappresentare un importante aiuto per contrastare l’insorgenza di attacchi di panico notturni.


Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2020/07/attacchi-panico-notturini/



Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2020/07/attacchi-panico-notturini/

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