Oggi voglio parlarti della paura, un’emozione come un’altra ma, come tutte le emozioni figlie dei primi 3 centri energetici (Muladhara, Svadisthana e Manipura) non propriamente gradevole.
Le sue sorelle sono la rabbia e il disgusto che, come la paura sono definite “di base” perchè nascono con noi e non per apprendimento nell’arco della crescita.
Le emozioni non sono né buone né cattive sono semplicemente delle spie, degli indicatori, come dei cartelli stradali che ci mostrano in che direzione sta andando la nostra vita.
E, come la spia della macchina ci indica che siamo in riserva e che se non facciamo benzina sicuramente resteremo a piedi, così le emozioni indicano un bisogno, che se non è riconosciuto o peggio se è negato non se ne va, semplicemente si trasforma cambiando linguaggio fino ad arrivare a cristallizzarsi e diventare un disturbo fisico.
Una malessere quindi, altro non è che la rappresentazione tangibile di un desiderio inconscio, un bisogno importante e profondo che non abbiamo soddisfatto.
La paura in generale si manifesta con l’intento di proteggerci, ma spesso, come una madre oppressiva e manipolatrice, con la scusa di volerci bene ci condanna alla chiusura e alla solitudine.
C’è chi ha paura dell’aereo e chi dei cani, chi ha paura delle malattie, paura di essere abbandonato, ma anche paura di innamorarsi o di essere felice!
La risposta più frequente alla paura è l’evitamento, ma a furia di evitare potremmo finire col ritrovaci su una zolla di terra, magari su un piede solo, quello che intendo dire è che è impossibile vivere evitando la vita, sarebbe come stare al mondo senza essere nel mondo… È un ossimoro: o ci sei o non ci sei!
Per un individuo, avere una vita più intensa o più sensazioni di quanto non sia abituato a vivere è fonte di paura, perché ciò minaccia di schiacciare il suo Io, di oltrepassare i suoi limiti e di indebolire la sua identità.
Sforzarsi di resistere alla vita è inutile perché più forte della paura è il desiderio e essere una persona non è qualcosa che si può fare; non è un atto definito, è qualcosa che ci obbliga a interrompere il nostro lavoro frenetico, a prenderci il tempo di respirare e sentire per essere.
Questa forza primordiale non si può arginare, nasciamo destinati alla realizzazione e alla gioia .
Per mettere a tacere la paura non basta negarla o affaccendarci per non affrontarla. Anche se facciamo di tutto per non avvertire quello strisciante disagio che come una viscida lumaca attraversa la nostra mente e le nostre giornate, arriva sempre il momento in cui dobbiamo farci i conti.
Rigidità muscolari, fragilità articolari, problemi gastrici oppure più particolarmente complicanze all’apparato respiratorio e urinario: sono questi i risultati della paura negata che vedo ogni giorno nel mio lavoro e che, giunti a questo punto, il paziente si sente legittimato ad affrontare.
Fintanto che si sta male emotivamente non si agisce, ma quando i problemi sono di carattere fisico ci si sente autorizzati a fare qualcosa.
Per affrontare la paura allora bisogna partire dal sintomo e destrutturarlo: ricreare una armonia nel corpo avrà una ricaduta sulla mente, sul respiro e sul dialogo interiore che si riconnetterà con quella primigenia emozione negata in modo indolore, anzi piacevole, fino a trasformarla in opportunità. Il contrario della paura diventa così l’audacia. Dietro la paura infatti c’è un campo di potenzialità pura, l’essenza del divino che assume le sembianze umane per raggiungere uno scopo.
Sto parlando del Dharma, meraviglioso dono, talento speciale e caratterizzante che tutti possediamo e che viene deposto assieme a noi nella culla quando veniamo al mondo – ricordi la favola della Bella Addormentata quando riceve la visita delle 3 fate che le lasciano dei doni?
È qualcosa che ci contraddistingue, che sappiamo fare solo noi in quel particolare modo e che sarà la nostra risorsa da regalare al mondo nonché la nostra gioia – oppure la nostra maledizione a seconda di cosa sceglieremo nella vita.
L’espressione di questo talento ribalta letteralmente il senso della paura, che si trasforma in coraggio portandoci fuori dal tempo, riconnettendoci prepotentemente con la nostra vera natura che è fatta di salute, vitalità, realizzazione, pace.
Tutto il contrario della paura.
Ma perchè se dentro di noi parla la forza incredibile dei nostri desideri e delle nostre capacità, il piacere incontenibile dei nostri sogni e la forza devastante delle nostre visioni, ne abbiamo paura?
Perchè temiamo la nostra forza più della presunta debolezza, temiamo di perderne il controllo, di trascendere, temiamo di non essere all’altezza, che sia troppo per noi.
Temiamo la delusione del fallimento. Se provo e non ci riesco che cosa dirà la mia famiglia, che cosa penserà la gente?
Viviamo da polli invece siamo aquile.
Ci siamo dati dei limiti e temiamo le nostre reali possibilità perchè sappiamo che, nel momento in cui assaporeremo il nettare dolce della libertà interiore e del ritorno al Sé, non potremo più fare finta di niente e non avremo più alibi.
Nel momento in cui capiamo cosa vuole dire essere figli di Dio non potremo non correre qualche rischio pur di non abbandonare il suo regno che è poi la nostra vera casa!
Se sapremo far fronte al nostro vuoto interiore, percorrendolo fino in fondo oltre la pura, riusciremo a realizzarci e a scoprire la vera gioia e la salute.
La nostra società ha il motto “Più azione e meno passione” ed è proprio da qui che cominciamo a smarrirci. È alla luce della passione che la vita inizia a colorarsi e ad acquistare senso.
Come diceva A. Lowen “Gli uomini pensano di risolvere tutto con la mente invece di “sentire”. Ma il sentire non ha a che fare con l’intelligenza o con la forza. Solo lavorando su di sé, sul proprio corpo – grazie al quale l’uomo “sente” – l’uomo può curarsi e aspirare, come è sacrosanto, a una vita sana, libera, felice ed essere in grado di amare veramente.”
Dal Sito: aprilamente.info
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